New York«Ciao Bryant Park! Buon giorno Milano!!». Ecco il titolo dellultimo numero di The Daily, lorgano ufficiale delle sfilate americane distribuito davanti ai tendoni eretti ogni sei mesi nel piccolo parco sulla VI Avenue. Qui 18 anni fa è nata la New York fashion week che dal prossimo settembre trasloca al Lincoln Center: una sede più ampia e prestigiosa per una cosa che in questo Paese dal punto di vista economico e sociale conta quanto il due a briscola.
Da noi, invece, la moda è la seconda voce attiva della bilancia dei pagamenti, rappresenta l11 per cento delle esportazioni e circa il 6 per cento del Pil eppure il nostro calendario delle sfilate è ridotto a una corsa a ostacoli. «Vi ringrazio di avermi concesso il privilegio di essere lultimo a sfilare qui», ha detto laltra sera Tommy Hilfiger. In sala mancavano alcuni importanti giornalisti stranieri, ma di sicuro ne mancheranno molti di più a Milano. «È troppo stancante, non ce la faccio, mando un mio giovane assistente, vedrò qualcosa su internet» ci ha detto per esempio Marie Cristiane Marek, storica firma del giornalismo televisivo francese. «Nooo, darling, vado a Parigi!» ha risposto Andrè Leon Talley, editor at large (in tutti i sensi visto che è alto due metri e pesa in proporzione) di Vogue America. Lelenco potrebbe continuare, ma non è un caso se Dolce & Gabbana hanno deciso di trasmettere la loro sfilata in diretta streaming sulliPhone. I giovani stilisti e le firme davanguardia sono già organizzati per finire in tempo reale su YouTube o Facebook, ma voci di corridoio dicono che le grandi griffe stanno pensando di sfruttare la costosissima tecnologia 3D per far vedere le collezioni.
«Ho smesso di studiare a 17 anni, questo mestiere simpara anche per strada consumandosi la suola delle scarpe» ha risposto Hilfiger quando gli abbiamo chiesto in quale università si è laureato. Infatti lo stilista di Elmira per linverno prossimo propone un ragionato mix tra il pop e il preppy: lo stile degli studenti di buona famiglia che vanno nelle Preparatory school per entrare nelle prestigiose Ivy league university. Così sotto ai bei cappotti cammello, al classico peacot da marinaio e allonnipresente trench senza maniche, cerano deliziosi short da studentessa oppure semplici pantaloni sportivi. Onnipresenti e davvero belli i celebri stivali da pioggia che negli Usa si chiamano «beans» («fagioli») dal marchio di abbigliamento per caccia e pesca L.L. Bean che li ha creati nel 1922. Hilfiger li ha trasformati in sensuali cuissard.
Molto diversa ma davvero speciale la collezione donna di Calvin Klein disegnata da Francisco Costa con lidea di avvolgere le donne in un bozzolo protettivo senza privarle dellincisiva eleganza minimalista della griffe. Il progetto riesce grazie alluso del cupro, un tessuto a base di cellulosa rigenerata che in Italia si usava ai tempi dellautarchia fascista, ma che davvero ha il senso della modernità perché mantiene la forma, non si stropiccia, è morbido e lucidissimo.
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