Storace sfida An: «Sono pronto a scalare il partito»

Il leader di D-destra: «Siamo l’unica corrente di opposizione ma non possiamo ingoiare tutto». La stoccata ad Alemanno: «Che vergogna i suoi elogi a Bersani»

Luca Telese

nostro inviato a Fiuggi (Frosinone)

Alla fine della giornata, nel suo quasi congresso di Fiuggi, di fronte ai «mille» D-destra (il nome della nuova associazione che lo vede leader), quando grida le ultime frasi del suo discorso con la voce segnata dalla raucedine mettendo seriamente a rischio le sue corde vocali, Francesco Storace si tiene ancora sul filo di una possibile eresia, e non esclude nemmeno la scissione, tenendo in un equilibrio precario le proprie parole e le passioni della base di An. Ma le frasi-chiave del futuro eretico Storace le pronuncia, eccome: «Era Fini che ci diceva: meglio che ci sia una maggioranza, piuttosto che una unità falsa ed ipocrita...». Pausa ironica. «Ebbene, è un peccato che malgrado questo, la minoranza oggi in An non sia considerata legittima». Altra pausa. «Ebbene, ai giornalisti che mi chiedono se noi ci candidiamo a fare la minoranza, io rispondo che noi ci candidiamo a fare la maggioranza!» (boato, altra pausa strategica). «Ma questo non vuol dire che possiamo passare per gente che ingoia tutto. Perché se si ignorano le voci di dentro, il malessere, va a finire che queste voci se ne vanno, come è successo con Nello Musumeci».
La sala si spella le mani per lui, una voce grida: «Con Nello abbiamo perso 30mila voti!». E Storace: «Lo so, lo so». Così arriva l’affondo finale: «Ai tempi dell’Hilton (le manifestazioni contro la svolta di Gerusalemme e “Salò male assoluto”, ndr) evitammo una dolorosa scissione. Ebbene, oggi noi abbiamo diritto di sapere se questa è ancora casa nostra!» (e scoppia l’ovazione).
Tutto il discorso è così: frizione, acceleratore, orgoglio, rabbia, applauso, frizione e di nuovo gas. Storace lo sa, e per certi versi gioca a carte scoperte, la sua battaglia per la difesa della Fiamma e contro il Ppe, il suo ennesimo, plateale dissenso da Fini: «Gianfranco ha detto per anni che ci voleva un congresso, e io cito i dispacci dell’Ansa perché voglio essere preciso. Aveva persino detto che il congresso doveva celebrarsi entro l’autunno del 2006! E siccome siamo già in autunno e il congresso non c’è, malgrado lo statuto del partito, io non vorrei che il progetto fosse farci arrivare a ridosso delle Europee del 2009, per poi dire che il congresso non si può fare, e che non ci resta che confluire nel Ppe!».
Il popolo di Fiuggi fischia, perché questa è l’unica cosa che non vuole nemmeno sentire. E Storace dà l’ultimo affondo: «Sapete? Sembra la stessa strategia seguita sulla procreazione assistita». Insomma, le parole d’ordine della vigilia erano due: nessuna «trappola nostalgica» nei confronti del vecchio Msi e di An, e nessun «fatto personale» nei confronti dell’amico-antagonista Gianfranco Fini. Il primo raggiunto, il secondo pure, al prezzo di un dissenso tutto «politico». Storace chiude la sua due-giorni con un risultato organizzativo quasi stupefacente: più di mille persone paracadutate nella capitale dell’Italia delle terme e dei battesimi politici, un’adunata di popolo per celebrare la discesa in campo della sua nuova componente, «L’unica corrente di opposizione di An» (come ama ripetere lui, che per il marketing politico ha un fiuto antico).
L’ex presidente della Regione ha fatto le cose in grande: parcheggio affollato di pullman, una mobilitazione imponente da tutto il Lazio, ma anche da altre regioni, con un record dalla Puglia, da cui una pattuglia di giovanissimi è arrivata con tanto di striscione goliardico celebrativo (in romanesco): «A Francè, sei un finimondo!» (foto ricordo sul palco con sorriso a sessantaquattro denti). Se non ci fosse la morte di una militante in platea, per l’«Epurator» di An sarebbe una festa senza ombre. Perché non solo Storace si è contato, dimostrando che malgrado il divorzio da Gianni Alemanno un pezzo consistente della vecchia Destra sociale è con lui. Ma è anche riuscito a dare l’immagine di una corrente-partito aperta, che può invitare ospiti esterni, dall’immunologo Ferdinando Aiuti, al vicesegretario dell’Ugl, a nomi-simbolo della storia missina come Massimo Abbatangelo (un tempo vicino a Destra protagonista), all’ex leader della «maggioranza silenziosa» Luciano Bonocore, al senatore Paolo Guzzanti, un uomo della Forza Italia più dura, uno che a Fiuggi viene sommerso da un boato e da una pioggia di applausi quando grida: «Voglio un’opposizione irragionevole e distruttiva». Caspita. Nel mirino del senatore azzurro c’è «il moderatismo “cieco e impappato” nel quale non si riesce a distinguere nulla». E i dubbi per un sistema «dove non si dovrebbero fare papocchi, anche se sappiamo che Napolitano difficilmente ci farebbe tornare alle urne: questo è il motivo per cui dobbiamo stare in piazza».
E Storace lo elogia dalla tribuna come un testimone di fede. Intanto cesella una stoccata feroce per l’ex sodale Alemanno: «Qualcuno è arrivato a dire che le riforme di Bersani avremmo potuto farle noi. Io provo vergogna...». Chiosa un fedelissimo come Fabio Sabbatani Schiuma: «La vecchia destra sociale è tutta qui.

A Gianni resta da fare la... centrodestra sociale, eh, eh». E Alberto Arrighi, che tiene uno dei discorsi più applauditi: «Questa è la prima corrente di An che nasce dalla base». Chissà dove arriveranno i mille di Fiuggi.

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