Era il 16 gennaio 2021 quando il K2 è stato conquistato per la prima volta nella stagione invernale. A realizzare la storica impresa sono stati dieci alpinisti nepalesi che, da due mesi, sono celebrati ininterrottamente come si merita chi compie imprese impossibili. Tra di loro si chiamano fratelli, sono Nirmal Purja, Mingma David Sherpa, Mingma Tenzi Sherpa, Geljen Sherpa, Pem Chiri Sherpa, Dawa Temba Sherpa, Mingma G, Dawa Tenjin Sherpa, Kilu Pemba Sherpa, Sona Sherpa. Hanno raggiunto la cima del K2 insieme, tenendosi per mano, con un unico cuore che batteva all'unisono. Hanno cantato l'inno nazionale e il resto è già storia.
A noi la racconta dal principio Nirmal Purja, ambassador del brand Scarpa, capo spedizione e l'unico che non ha utilizzato l'ossigeno supplementare. «È stato emozionante salire sulla vetta insieme a tutti i miei fratelli», dice ripensando a quegli attimi di gioia pura che, forse, si riescono davvero ad assaporare solo una volta tornati al campo base, quando si è al sicuro. «Sulla cima abbiamo cantato l'inno nazionale, abbiamo scattato qualche foto, ma il mio pensiero era tornare giù al più presto perché stava diventando buio e faceva molto freddo. La sicurezza è stata la mia più grande preoccupazione».
Il team nepalese è arrivato in vetta alle 17 ora pakistana. Il tempo a disposizione per godersi la magia di un sogno che prende forma a 8611 metri sul livello del mare era davvero poco. Nirmal ha guidato i suoi compagni di cordata al buio, con la sola luce delle torce frontali. Durante la discesa, la squadra si è fermata a recuperare le forze a campo 3, mentre Sona Sherpa e Gelje Sherpa con una resistenza sovrumana hanno preferito non sostare e raggiungere direttamente il campo base. Un arrivo dalla sfumatura dolce amara a causa della tragica caduta dello scalatore spagnolo Sergi Mingote, avvenuta proprio nello stesso fatidico giorno, sulle pareti della stessa ambita montagna.
Con il K2 conquistato durante la stagione invernale si chiude un cerchio e si scrive il futuro dell'alpinismo. La montagna pakistana è stata l'ultima ad aver ceduto ai corteggiamenti degli scalatori da quando, più di quarant'anni fa, i polacchi hanno inaugurato l'epoca degli Ottomila in invernale. Il primato, però, non è l'unico merito di Nirmal e compagni. Con la loro ascesa, infatti, sono riusciti a consacrare il valore degli alpinisti nepalesi, troppe volte relegati all'ombra dei protagonisti occidentali. Loro che sulle grandi montagne sono davvero a casa, hanno mostrato al mondo di non essere solo aiutanti o guide di spedizioni commerciali, ma di avere tutte le capacità tecniche per scalare in autonomia, di farlo per il Nepal e per se stessi. Lassù, in cima al K2, non c'era «nessuna agenda individuale, nessuna avidità personale, ma solo solidarietà e forza congiunta del Team Nepal con una visione condivisa».
Potremmo chiamarla la rivincita degli Sherpa, termine che spesso viene utilizzato per indicare in modo generico i portatori d'alta quota. Ma, in questo caso, sarebbe riduttivo perché la conquista invernale del K2 non è stata compiuta solo da alpinisti appartenenti alla popolazione Sherpa, ma anche da uno scalatore di etnia Gurkha: lui è proprio Nirmal Purja, capo spedizione ed ex militare del corpo speciale Gurkha dell'esercito britannico. «Sono molto orgoglioso di aver fatto parte di questa storica ascensione invernale che ha richiesto uno sforzo che va oltre l'immaginabile, di averla guidata e, soprattutto, di aver trasmesso un messaggio così positivo a tutto il mondo. L'immagine di profonda unione e solidarietà che abbiamo diffuso giusto quando il mondo si trovava ad affrontare uno dei suoi momenti più difficili a causa della pandemia, è risultata ancora più rappresentativa. Ecco perché probabilmente è una delle più grandi imprese che abbia mai fatto».
Per Nirmal, quest'impresa arriva dopo aver portato a termine il suo Project Possible, ovvero aver scalato tutti i 14 Ottomila della terra in soli sei mesi e sei giorni, con l'ausilio delle bombole di ossigeno. Un'idea nata anche per promuovere gli scalatori nepalesi a livello internazionale e che è stata coronata da qualcosa di ancora più grande. «Quando ci metti cuore, testa, anima e lavori sodo nulla è impossibile nella vita». La data del 16 gennaio 2021 ce lo conferma: il limite umano è stato spostato in avanti ed è già pronto per dare un senso a nuovi sogni e avventure in cui cercare la propria essenza più autentica.
«La parte più difficile della spedizione è stata quella di riuscire ad attrezzare la via senza riportare congelamenti con una temperatura percepita di meno 60 gradi, mantenere alta la concentrazione e naturalmente essere il capo spedizione di questa squadra incredibile. Ce l'abbiamo fatta grazie alle nostre conoscenze ed esperienze e perché siamo stati molto veloci. Se contiamo il numero totale di 8000 scalati dalla squadra, allora abbiamo circa 100 vette di 8000 sulle nostre spalle». Il team nepalese ha fissato le corde dal campo 1 alla cima, un lavoro che richiede di stare fermi per molto tempo e che quindi aumenta il rischio di congelamenti.
La squadra nepalese ha compiuto la prima invernale sul K2 in stile himalayano, utilizzando l'ossigeno supplementare. Non sono infatti mancate le polemiche da parte dei puristi, smentiti quasi subito da Nirmal, l'unico a essere salito senza ossigeno, correndo un rischio che non è mai possibile calcolare con certezza. Una scelta personale, che secondo la sua opinione «non amplifica o sminuisce il valore dell'impresa. Si tratta di due stili differenti, in alta montagna ognuno è libero di esprimere se stesso come meglio crede». Per sapere quale sarà la prossima sfida impossibile di Nirmal dobbiamo «rimanere sintonizzati». Intanto, ha lanciato un appello alla comunità dell'alpinismo.
«È il momento di supportarci reciprocamente e di accogliere gli scalatori nepalesi e pakistani nella stessa confraternita degli scalatori d'élite di tutto il mondo senza alcun pregiudizio. Non abbiamo nulla da perdere se non la nostra reciproca stima».
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