La strage di soldati in Libano: «È stata Al Qaida»

Madrid e Beirut sicure: a colpire sono stati gli uomini di Osama. Graziano: «Vogliono destabilizzare il Paese»

La matrice dell’attentato che domenica ha provocato la morte di sei caschi blu del contingente spagnolo nel Libano meridionale è quella di Al Qaida. Ne sono convinti i governi di Madrid e di Beirut, che hanno confermato che l’attacco è stato portato a termine con un’autobomba, ma senza kamikaze. Una Renault bianca, tipo furgoncino, imbottita con 50 chilogrammi di esplosivo è stata fatta saltare in aria da un radiocomando a distanza. Dura la reazione del Consiglio di sicurezza dell’Onu, che al termine di una riunione d’emergenza ha condannato «nei termini più forti l’attentato» e ribadito «il pieno appoggio al governo libanese e al suo esercito per garantire la sicurezza del Libano».
Fonti del Giornale nel sud del Libano fanno sapere che alcuni testimoni hanno visto qualcuno parcheggiare la macchina minata. Dalla Renault piena di esplosivo è sceso un uomo, che è stato subito portato via da un’altra automobile, una Mercedes blu. I servizi libanesi starebbero dando la caccia all’equipaggio di terroristi. L’auto minata aveva una targa falsa, ma il numero di telaio indicherebbe che la Renault assassina sia arrivata in Libano dall’estero. Il ministro della Difesa spagnolo, José Antonio Alonso, giunto ieri nel Paese dei Cedri per accompagnare le salme dei sei caduti in patria, ha detto chiaramente che la macchina minata «veniva da fuori».
La zona controllata dal contingente spagnolo della missione Unifil 2 è quella raggiungibile più facilmente da nord se si vuole nascondere qualcosa. Hezbollah, il partito armato degli sciiti, ha subito condannato l’attentato, che è uno smacco per la sua capillare organizzazione nel sud del Paese. In realtà nell’area dell’attacco terroristico i miliziani sciiti non sono presenti in ogni villaggio, come da altre parti, perché Maryayoun, a poca distanza, è considerato un “capoluogo” cristiano. Inoltre ci sono anche comunità druse e sunnite, che rendono più facile l’infiltrazione di correligionari che odiano allo stesso modo i caschi blu e gli sciiti.
«Mi attendo che accada ancora. La prossima volta potrebbe toccare ai francesi o agli italiani» ha fatto notare Ahmed Hijazi, all’inviato dell’agenzia di stampa Reuter, in un caffè semivuoto di Maryayoun. La conferma di un collegamento tra l’attentato ai caschi blu spagnoli e l’Islam radicale legato ad Al Qaida si basa sulle confessioni di alcuni dei 33 militanti del gruppo palestinese estremista, Fatah al Islam, catturati durante l’assedio del campo profughi di Nahr al Bared nel nord del Paese. Durante gli interrogatori avevano ammesso che si stavano preparando attentati contro la forza di pace dell’Onu, sotto comando italiano, che conta 13mila caschi blu. Ieri è trapelata la notizia che anche tre cittadini australiani, collegati a Fatah al Islam, sono stati arrestati. «C’è un nesso preciso tra l’attentato e la battaglia tra l’esercito libanese e i terroristi di Fatah al Islam a Nahr al Bared», ha detto il ministro dell’Informazione libanese, Ghazi Aridi, al termine di una riunione del governo di Beirut. «Il Libano è vittima di un’ondata terroristica che si espande da nord a sud, in cui l’ultimo obiettivo è stato il contingente spagnolo». Inoltre non va dimenticato che lo scorso anno lo stesso Ayman Al Zawahiri, il numero due di Al Qaida, aveva incitato a compiere attentati contro i caschi blu.
«Non nutro alcun dubbio sul fatto che si sia trattato di un attentato volto a destabilizzare il sud del Libano e a rimettere in causa la missione Unifil», ha dichiarato il ministro della Difesa spagnolo. Alonso è giunto ieri mattina a Beirut assieme a un nucleo specializzato di investigatori e medici legali. Per tre volte ha voluto sorvolare il luogo della strage, a circa sette chilometri dal confine con Israele. L’attentato è avvenuto alle 18.10, ora locale, ma alla prima esplosione dell’autobomba, ne è seguita una seconda delle munizioni all’interno del mezzo colpito. Tre dei sei morti sono di origine colombiana. Alonso ha ammesso che il blindato non aveva le apparecchiature jammer, inibitori di frequenza, che avrebbero potuto interferire con il radiocomando che ha fatto esplodere l’autobomba al passaggio della colonna spagnola.

Lo Stato maggiore di Madrid aveva già deciso di installarli lo scorso novembre, ma si era cominciato con i veicoli impegnati in Afghanistan, considerata una zona a maggior rischio.
Il generale italiano, Caludio Graziano, che comanda la missione Unifil, ha dichiarato in una nota che «non è un attacco solo contro il Libano e contro Unifil, ma contro la stabilità della regione».

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