«Su Novi sbagliammo e sbagliamo ora a tacere»

«Su Novi sbagliammo e sbagliamo ora a tacere»

Ferruccio Repetti

Va bene che Giovanni Novi, al termine del cosiddetto processo Multipurpose, è stato assolto da 12 su 13 capi d’imputazione, e condannato a una pena sostanzialmente simbolica, due mesi (condonati) e 200 euro di multa, a fronte di accuse pesantissime che l’avevano schiacciato a suo tempo. «Ma tutto questo - scandisce Luigi Morgillo, Pdl, vicepresidente del Consiglio regionale - pare che non basti per rendergli gli onori che merita».
C’è chi ha riconosciuto.
«Pochi, troppo pochi. E tra questi, devo dare atto, il Giornale. Eppure mi sarei aspettato che, all’indomani della sentenza, ci fosse un’ampia, se non generale, condivisione nel rivalutarne la figura, alla luce di quello che Novi ha passato, anche dal punto di vista della sofferenza privata».
Invece...
«Invece, niente o quasi. Ben poche sono state, finora, le voci in questo senso, che hanno espresso compiacimento e riconosciuto le ragioni dell’ex presidente dell’Autorità portuale genovese».
Gli altri, o meglio i più, sono rimasti in rigoroso silenzio.
«Un silenzio assordante. Soprattutto da parte di politici e operatori portuali che pure avevano sostenuto con entusiasmo la candidatura di Novi per il vertice di Palazzo San Giorgio».
È un’accusa precisa, la sua, Morgillo. A livello trasversale?
«Certo. Io dico che il silenzio diffuso, che c’era stato al momento dell’arresto, si è ripetuto ora. A destra come a sinistra».
Non si salva praticamente nessuno?
«Voglio essere chiaro. Ricordo che all’epoca dell’arresto, tra i pochi, ci fu Claudio Scajola a prendere posizione a favore di Novi. Anch’io, in consiglio regionale, a nome dell’allora gruppo di Forza Italia, mi pronuncia sollecitando la condivisione della giunta».
Il governatore Burlando non si è associato.
«Appunto. È rimasto in silenzio. Come adesso».
Però, insisto, deve fare ammenda anche qualcuno del centrodestra.
«Eccome. Dovrebbero recitare il mea culpa tutti quelli che l’hanno sostenuto ai tempi belli, ma hanno taciuto prima e anche dopo la sentenza. Ripeto: a destra e a sinistra».
Restiamo nel suo campo, nel centrodestra. Non vorrà mica alludere all’ex presidente della Regione, l’onorevole Sandro Biasotti, o a Michele Scandroglio, anch’egli deputato e coordinatore regionale del Pdl? Così, tanto per non far nomi...
«Non faccio nomi. Ognuno deve rispondere alla propria coscienza. Io non tirerò mai per la giacca nessuno».
In ogni caso, cosa può insegnare questa vicenda, ai cittadini, ai politici, ai magistrati?
«Che la verità trionfa sempre. E che il protagonismo di certi magistrati non paga. Io credevo e credo tuttora che Novi, un galantuomo, abbia bene operato in porto. E che abbia reagito in maniera composta, con grande razionalità e buon senso, pur nell’amarezza provocata dal corso degli eventi e dai risvolti che si sono succeduti.

Penso, ma non solo, agli ultimi giorni di vita della moglie, Nucci, che hanno coinciso con l’annuncio del clamoroso castello di accuse. Anche per questo, a Giovanni Novi si deve restituire, pubblicamente, quella dignità che gli è stata tolta. Lo meritava prima, lo merita soprattutto adesso».

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