Le succose ricette letterarie di Barbolini

Non è da ieri che Roberto Barbolini prende il lettore per mano e senza darlo troppo a vedere lo conduce dove vuole lui. Pigliamo il volume Ricette di famiglia (Garzanti): è probabile che chi decide di impossessarsene, attratto dal titolo e dalla copertina in bianco e nero, lo faccia per resuscitare le arcaiche pietanze rubate al «taccuino a forma di parallelepipedo di 15 centimetri per 10, composto di 182 fogli a quadretti più alcuni sparsi, dove la mamma annotava le ricette preferite». Il ricettario di casa Barbolini è un tesoro di nostalgia - e di trigliceridi: «Per la mamma il burro era una religione, l’avrebbe spalmato anche sul burro». C’è il flan di cervella e i cràfen (vale a dire i krapfen), le polpettine di vitello e il travolgente «budino svedese». Ci sono ricette che partecipano della fiaba e del futurismo, con ingredienti leggendari e operazioni culinarie audacissime: «200 g. di farina d’Ungheria, 1 litro d’acqua evaporata... mettere nel forno, meglio se spento». Tutti gourmet, i Barbolini: a cominciare dal padre cacciatore che sentiva, nelle fettuccine, l’odore di ferro: non a caso la madre, più accorta della moglie, tagliava la sfoglia con un coltello di legno. Mentre la zia Nanna controllava che non si esagerasse con il vino: «In tutti i rami della nostra famiglia il significato della parola “astemio” era noto, ma inapplicato». Intendiamoci, tante di queste ricette, con molta pazienza e l’animus del curioso, si possono realizzare; ma gli inappetenti sappiano che Ricette di famiglia è anche un incantevole lessico famigliare, che a volte si allontana molto dal tema fino a sfiorare, nascosta dietro la storia privata, la grande Storia.

Fino a giungere, sublime gastronomia negativa, a un capitolo che sa di Nuovo testamento, monumento eretto non già al dio sconosciuto, ma al dolce sconosciuto. Pagina 40, «Dolce che non si conosce». Di cui, beninteso, si dà la ricetta: perché dalla gastronomia alla metafisica (e viceversa) il passo è breve - e le gambe letterarie di Barbolini lunghe, lunghe...

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