Tabacci, il signor no che gode a bocciare Milano

IL COMMENTO Fuoco amico: l'assessore critica i conti comunali, declassa la Serravalle e boccia la sanità

Tabacci, il signor no che gode a bocciare Milano

Voi forse pensate che la sanità lombarda sia niente male e magari arrivate a immaginare che sia la migliore d'Italia. Be', vi sbagliate di grosso: siete dei poveri ingenui o degli inguaribili ottimisti perché, parola dell’assessore al Bilancio del Comune di Milano Bruno Tabacci (nella foto), «la sanità lombarda è scarsa». E magari pensate anche che il Comune di Milano sia uno dei più «virtuosi» dal punto di vista della gestione economica e finanziaria. Vi sbagliate ancora perché, sostiene sempre Tabacci, «questa storia è una leggenda metropolitana, una pericolosa bufala», anzi la città sarebbe quasi una maglia nera, trovandosi verso il fondo della classifica delle città lombarde più virtuose, perciò niente deroghe al patto di stabilità, cioè niente possibilità di spendere di più avendo i conti in ordine, come chiedeva la Moratti. Bel colpo!
D’altra parte a farci questa flebo di positività è quello stesso superassessore per il quale vendere parte della Serravalle e quotare in Borsa la Sea sarebbe stato «molto difficile», perché in queste condizioni non ci sarebbero stati acquirenti interessati. I quali, infatti, non aspettavano altro e, visto che la motivazione l'aveva offerta loro proprio il venditore, hanno ignorato la prima asta e aspettano che il prezzo scenda ancora. Altre buone notizie su Milano, al grido masochistico di «continuiamo a farci del male!» ce le dà il sindaco Giuliano Pisapia, il quale pochi giorni fa ci ha fatto sapere che da queste parti un negoziante su cinque paga il pizzo, cioè il 20 per cento dei commercianti è vittima silenziosa del racket. E poco importa se alle organizzazioni di categoria e alle forze dell'ordine questo dato non risulti, e ancora meno importa che Pisapia non ne cita la fonte: ipse dixit, lo ha detto proprio lui, il sindaco arancione e tanto basta. Infatti, sempre secondo questa maggioranza, le infiltrazioni mafiose a Milano sono tanto pervasive non solo da mettere a rischio l'Expo ma da rendere necessaria, per farla finita con «l'irresponsabile negazionismo» della giunta precedente, la costituzione non di una commissione antimafia - soluzione semplicistica adottata da altre città «normali» - ma di ben due commissioni. Non si sa mai, meglio abbondare con l'antimafia nella capitale di quella Lombardia che Nichi Vendola, capopartito del sindaco, ha definito «la regione più mafiosa d'Italia».
E potremmo andare avanti con questo malinconico sarcasmo. Il fatto è che poche volte si è assistito a uno spettacolo tanto masochistico: per denigrare il lavoro dell'amministrazione precedente si denigra l'oggetto di quel lavoro, la città. Tabacci, Pisapia e compagni sono impegnati in una gara di autolesionismo strumentale: dire di Milano tutto il male possibile per passare poi per salvatori della patria. Ma non tengono conto dell'effetto depressivo che questa tecnica produce sulla collettività, della perdita di fiducia nella comunità di appartenenza; dell'erosione, all'interno e all'esterno, della sua immagine; della rinuncia al mito, prezioso come motivazione a far bene, della «diversità milanese».
Sembra quasi che dalle labbra del lugubre Tabacci, in particolare, non possano uscire espressioni di positività.

Perciò quando ha saputo che Standard & Poor's aveva ridotto il rating del debito di Milano - debito, sia detto per inciso, relativamente basso - è sembrato quasi compiaciuto, fingendo di ignorare non solo che le amministrazioni declassate sono quasi tutte di sinistra, ma anche che le stime dell'agenzia, com'è ovvio, non riguardano mai il passato ma le prospettive future, come lo stesso Tabacci ci ricorda quando la valutazione riguarda il governo nazionale. Il declassato, perciò, è Pisapia, non la Moratti.

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