New York - I repubblicani e il front-runner Mitt Romney stanno rubando la scena politica e televisiva con le primary, annunciando ogni giorno drastici tagli al bilancio federale e alle spese sociali e sanitari, richiesti a gran voce dagli attivisti del Tea Party e della destra ultraconservatrice. Ma il presidente Obama non si fa cogliere impreparato. Ha subito iniziato la sua campagna elettorale, strizzando l'occhio all'ala liberal e di sinistra del partito democratico, quella antimilitarista, annunciando ieri al Pentagono in diretta televisiva il più drastico taglio alle spese militari dalla fine della guerra del Vietnam. Si tratta di 500 miliardi di dollari da tagliare nei prossimi 10 anni, in modo tale che gli Usa non avranno più la possibilità di combattere due guerre allo stesso tempo, come è accaduto durante la presidenza di George W. Bush, con l'esercito americano impegnato sia in Afghanistan che in Irak.
«Ma le forze armate americane saranno in grado di combattere e vincere un conflitto di grandi dimensioni, mentre in una seconda zona saranno in grado di limitare le ambizioni di un secondo avversario e condurre altre operazioni di minor entità in altre zone calde», ha spiegato ieri Obama, volendo così rassicurare i generali che i tagli non metteranno a rischio la sicurezza nazionale e gli Usa rimarranno ancora la potenza militare numero uno al mondo.
Le scelte delle spese militari da decurtare sono politiche ed elettorali, non sono affatto tecniche: Obama dovrà riconquistare la fiducia e i voti dei giovani e della sinistra democratica per essere rieletto alla Casa Bianca il prossimo 6 novembre. Sa benissimo che tra i militari saranno ben pochi a votarlo, visto che le forze armate sono da sempre bacino elettorale incontrastato dei repubblicani. Non a caso, Mitt Romney ha già promesso che non taglierà neppure un dollaro alle spese militari quando si insedierà alla Casa Bianca.
Secondo alcuni analisti politici, intervistati dalla Foxnews e dalla Cnn subito dopo il discorso di Obama al Pentagono, i tanto annunciati e propagandati tagli da 500 miliardi di dollari sono in realtà minori aumenti di spesa, piuttosto che veri e propri tagli al bilancio della difesa Usa. Comunque il presidente Obama, d'intesa con i vertici del Pentagono, ha messo a punto una riduzione delle spese all'arsenale nucleare, alle navi da guerra con le portaerei che da 11 scenderanno a 10. «Ma gli Usa poi saranno in grado di contenere la Cina nelle acque del Pacifico?», chiedeva ieri il New York Times. Altri 150 miliardi di dollari di tagli, nel prossimo decennio, riguardano l'esercito, che sarà ridotto di centomila unità. I soldati in servizio attivo scenderanno a partire dal 2013 a 480 mila: lo stesso numero di prima dell'11 settembre 2001. La scure di Obama si abbattera' soprattutto sui programmi per nuovi aerei, come il cacciabombardiere F-35 che ultimamente ha destato molte polemiche anche in Italia per i suoi costi in continua crescita. La nostra aeronautica militare ne ha ordinati 130. Ma l'ordinazione della US Air Force è imponente, l'amministrazione Bush in precedenza si era impegnata per comprarne 2.500 dalla Lockheed Martin per una spesa superiore ai 400 miliardi di dollari. Gli esperti militari ora preannunciano una drastica riduzione dei F-25 ordinati, in quanto mettono in dubbio se un aereo semi-invisibile ai radar sia davvero quello che serve all'America di oggi, oberata da un pesante deficit di bilancio e nel mezzo dalla peggiore crisi economica del secondo dopoguerra. Questi cacciabombardieri semi-invisibili sostituirebbero gli attuali F-16 che sono però super efficienti e ancora tecnologicamente al top.
Poi ci sarebbero i costi di sanità e delle pensioni dei militari da tagliare, ma Obama li ha completamente ignorati nel suo discorso di ieri, in quanto saranno 20 milioni i veterani chiamati a votare il prossimo 6 novembre.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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