Il talent sull'arte è divertente ma «paludato»

L' arte contemporanea e la tv non sono mai andate troppo d'accordo. Difficile pensare e realizzare un programma divertente, dinamico, colto e al contempo non banale o mortalmente noioso, come furono i documentari degli anni '70 in Rai. Ci provarono gli autori de L'angelo, che passava la domenica a mezzanotte su Italia 1 nei '90, fascia oraria decisamente penalizzante. Diverso il discorso di Sgarbi e Daverio, perché loro sono mattatori e qualsiasi discorso affrontino riescono a farsi ascoltare. Da quando però è nato il canale tematico di Sky Arte (non solo arte visiva ma tanti altri linguaggi insieme) significa che c'è un interesse per un prodotto più sofisticato, senza mai perdere di vista il tema dell'intrattenimento.

Così, dopo cantanti, cuochi, preparatori di auto e moto, doveva nascere un talent per nuovi artisti che non sfigurerebbero in una galleria o in uno spazio off (il museo non ancora). L'idea, che era già venuta a Charles Saatchi, è stata ripresa (e finanziata) da Pomilio Blumm, nota agenzia di comunicazione specializzata nel linguaggio creativo. Semplice la formula: giovani artisti si sfidano e creano l'opera su un tema preciso, aiutati da tutor-professionisti la critica free lance Fabiola Naldi e il curatore della Fondazione Sandretto Lorenzo Balbi - che dispensando consigli ci mettono un po' la loro faccia. E la giuria di tre esperti il guru dell'Arte Povera Michelangelo Pistoletto, il direttore del Mart Gianfranco Maraniello, la giornalista dell'Espresso Alessandra Mammì - valuta le opere e decide a chi destinare una borsa consistente, di 20mila euro.

Nella finale, andata in onda lo scorso lunedì, ci sono arrivati in tre, dopo aver vinto le eliminatorie rispettivamente sui temi del rapporto uomo-scienza, dell'identità e dello spazio pubblico: Elena Nemkova, nata a San Pietroburgo e operante a Milano; il luandese apolide Delio Jasse; il genovese Aldo Giannotti, che però si è trasferito a Vienna. Tutti e tre con un curriculum dignitoso. Nell'ultima puntata i concorrenti hanno simulato una mostra, con tanto di vernissage e alla fine ha prevalso Giannotti, forse quello più impegnato a proposito del ruolo sociale dell'arte, anche se Jasse mi è sembrato più interessante.

Un'idea divertente, il programma, eppure migliorabile. Troppi i luoghi comuni, a cominciare da un lessico «per addetti ai lavori», ancora evidente la distanza tra il mondo dell'arte, così viziato e pretestuoso, rispetto alla realtà.

C'è da scommetterci, non uscirà il nuovo Cattelan da questo talent, eppure il segnale che fare arte in tv non è impossibile sembra essersi munito di un altro significativo mattoncino.

Se ci sarà un seguito, sarebbe bello che fossero scelti artisti più grintosi e meno manieristi e che a curatori e giurati venisse suggerito, dagli autori, di parlare un linguaggio più efficace e ficcante. Sennò sembra davvero di stare in una galleria, e dunque si cambia canale.

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