Il Tar respinge il ricorso pro-lucciole

SARTORI Importante riconoscimento per i positivi risultati raggiunti con i controlli

Il Tar respinge il ricorso pro-lucciole

La facoltà di prostituirsi non costituisce un diritto sancito dalla Costituzione. E un sindaco che abbia agito nell’interesse della sicurezza, utilizzando i suoi poteri amministrativi e di polizia, non può che essere sostenuto. Così il Tar del Lazio ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da due associazioni per i diritti delle prostitute, che volevano bloccare il rinnovo dell’ordinanza anti-lucciole deciso da Gianni Alemanno fino al gennaio 2010.
Per il tribunale amministrativo è «immotivata e contraddittoria» l’affermazione del «Comitato per i diritti civili delle prostitute» e dell’associazione «La strega da bruciare», che sostengono di avere un interesse personale e concreto all’annullamento del provvedimento. È immotivata, in quanto tra i fini statutari del Comitato non vi è quello di rappresentare gli interessi economici legati all’esercizio della prostituzione e contraddittoria, perché non si capisce come l’ordinanza potrebbe impedire ai volontari di perseguire la loro missione umanitaria.
I giudici, inoltre, sono convinti che le misure prese dal primo cittadino non mirino a limitare la libertà, anzi servano a evitare che questa venga illecitamente compressa e la prostituzione violenta abbia il sopravvento. «L’ordinanza varata dal sindaco merita di essere prorogata - spiega la sentenza - per evitare che i positivi risultati raggiunti vengano neutralizzati da una ripresa repentina del fenomeno che si è inteso arginare». Con questa motivazione, tra l’altro, il Tar ha respinto anche la parte del ricorso proposta da due persone, che hanno affiancato Comitato e associazione.
«Non si vede in cosa possa essere criticato e tacciato di illegittimità il comportamento di un sindaco - scrivono i giudici - che per fronteggiare il fenomeno dello sfruttamento violento e, agendo nell’esercizio di funzioni di polizia amministrativa, abbia provveduto a reiterare una precedente ordinanza, che aveva condotto al conseguimento di risultati positivi». La facoltà di prostituirsi liberamente non è un diritto costituzionale, ma la conseguenza del regime di libertà garantito dalla Costituzione. «Quest’ultima consente che determinati diritti possano essere affievoliti o compressi per ragioni di sicurezza e di polizia - spiega il Tar - inoltre la limitazione, che i ricorrenti hanno dovuto subire, non sembra lesiva di alcun bene o interesse costituzionalmente garantito».
Soddisfazione per la sentenza, è stata espressa da Fabrizio Santori, presidente della commissione sicurezza del Comune. «Appare evidente - dice l’esponente del Pdl - un riconoscimento generale su uno dei primi atti realizzati dal governo di centrodestra sulla sicurezza urbana. A differenza delle precedenti amministrazioni abbiamo saputo arginare un fenomeno che appariva ormai sfuggito al controllo delle istituzioni.

Continuano ad arrivare, comunque, segnalazioni sulla presenza, seppur ridotta, di prostitute e questo ci impegna ulteriormente non solo a mantenere alta la guardia, ma a continuare a combattere questa piaga con maggiore determinazione».

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