Da poche ore è entrata ufficialmente in vigore in Francia la “link tax” e la battaglia tra Google e gli editori è già serrata e porta con sé i primi colpi di scena. La maggior parte delle testate francesi sembra aver attivato sin dal primo giorno “il piano B” e, pur mantenendo alto il livello della polemica, è corsa ai ripari. Ne abbiamo controllato un campione di 17 e di queste 14 hanno inserito in pagina le istruzioni per permettere a Google di usare liberamente il materiale per la produzione degli snippet rinunciando, silenziosamente, al diritto di poter chiedere un pagamento al motore di ricerca.
Cos’è la “link tax”
All’interno della nuova direttiva europea sul diritto d’autore, che la Francia sta rendendo attuativa per prima, due sono i punti davvero controversi: l’articolo 11 e l’articolo 13. Il secondo mira a rendere più stringente il lavoro di verifica per siti come Youtube, Facebook o Twitter sui contenuti coperti da copyright caricati dagli utenti. L’articolo 11 (ribattezzato impropriamente “link tax”) limita invece il diritto d’uso del materiale editoriale per la produzione delle preview nei motori di ricerca o negli aggregatori di notizie dando alle testate il diritto di chiedere un compenso per l’eventuale pubblicazione.
Le due posizioni
Gli editori contestano la posizione di Google continuando a considerare l’attività dei motori di ricerca come impropria e l’uso del materiale editoriale per la creazione delle preview una vera e propria violazione del diritto d’autore a scopo di lucro. La loro posizione è riassumibile in “Google guadagna con il nostro lavoro e non ci paga nulla”. Come riportato ieri da Dagospia, da pochi giorni è anche apparsa online una petizione firmata da noti esponenti del settore (non solo francesi) per chiedere alla politica di cercare di contrastare la posizione del motore di ricerca che è considerata "un nuovo gesto di disprezzo alla sovranità nazionale ed europea".
Anche Macron ha voluto dire la sua dichiarando pubblicamente che la posizione di Google è volta ad aggirare le leggi europee e di voler “intraprendere qualsiasi azione possibile il prima possibile” (Dagospia).
Il colosso della search ha invece chiarito già dal mese scorso che non pagherà nulla e che si limiterà a non pubblicare i contenuti coperti da copyright costringendo gli editori “riottosi” a vedere i propri ingressi in pagina ridursi drasticamente. Ha fornito motivazioni a supporto della propria posizione tra cui l’incredibile cifra di 10 miliardi di pagine viste mese veicolate, gratuitamente, dal motore verso le testate europee e ha inaugurato dei “tag” con cui gli editori possono dare al motore il permesso di “prendere senza pagare”.
La questione (economica, tecnologica e di diritto) è sicuramente molto complessa ma oggi, per la prima volta, possiamo constatare che gli editori, qualsiasi siano gli sviluppi, non vogliono rischiare di perdere traffico neanche il primo giorno di lotta.
Cosa stanno davvero facendo gli editori francesi
Nulla che non ci si aspettasse già. Mentre da un lato si combatte sulla pubblica piazza cercando di nuovo una sponda con la politica, all’interno delle newsroom sembra tirare un’aria diversa. Andando a controllare un campione dei testate d’oltralpe vediamo come la quasi totalità ha già dichiarato che non vuole perdere un clic. Dei brand del settore più noti in Francia secondo Reuters, ne abbiamo controllati 17 ma solo tre non hanno concesso a Google l’accesso incondizionato ai propri snippet (dati raccolti al 23-10-2019).
Non sappiamo se Lancs, FranceTV e Mediapart siano in ritardo, non capiscano cosa stia succedendo o se abbiano deciso di tenere la schiena più diritta dei loro colleghi. Sicuramente però sono in minoranza. Mentre il fronte appare unito in piazza si sfalda nelle redazioni, sui tavoli delle previsioni di bilancio e dei rendiconti trimestrali.
Cosa è (già) successo in Germania e Spagna
In realtà non è la prima volta che in Europa si combatte questa battaglia. Era già successo prima che il parlamento comunitario formulasse la nuova direttiva sul diritto d’autore. In Spagna l’uso senza consenso (e senza un pagamento) di materiale coperto da copyright, per la produzione di anteprime, è vietato dal 2014 e la legge ha portato alla chiusura di Google News e a una perdita per gli editori di circa il 14% del traffico. In Germania sono già previste norme simili dal 2013 ma la stessa Axel Springer, tra le promotrici dell’iniziativa, è ritornata sui suoi passi paventando contrazioni del traffico da Google News sino all’80%.
Cosa succederà in futuro?
Crediamo davvero ben poco, almeno nei prossimo mesi. Google difficilmente capitolerà: non ne ha l’urgenza economica e potrebbe non avere neanche degli effettivi obblighi legali. Un suo cambio di posizione sarebbe solo motivato da opportunismo politico verso una Ue che già in passato l’ha sanzionata. Di sicuro la questione diverrà più complessa quando altre nazioni renderanno attuative le direttive europee.
E i giornali? Saranno loro a capitolare o continueranno a cercare di monetizzare l’attività dei nuovi intermediari tecnologici dell’informazione? In entrambi i casi la stampa
francese sembra voler restare attaccata al bocchettone dei clic generati da Google. La speranza è che lo scossone porti con sé anche la voglia di trovare nuovi modelli di business più in linea con l’anno Domini 2019.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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