Alla scoperta della Nadal Academy, dove si costruiscono talenti da slam

Programmi settimanali o stagionali per affinare la tecnica. Full immersion tra allenamenti, scuola e selfie con l'ex numero 1

Alla scoperta della Nadal Academy, dove si costruiscono talenti da slam

A Manacor i sogni hanno la forma di una pallina da tennis. Il colore è giallo, come il sole che batte quasi tutto l'anno sull'isola di Maiorca, e pesano tra i 56 e i 59,4 grammi. Puf. Puf. In questo comune di 40mila anime, che ha dato i natali a Rafael Nadal, a ogni rimbalzo si ritorna a sognare. Non esistono classifiche per chi vuole provare a migliorarsi. Nessun livello per chi aspira a capire - nel suo piccolo - cosa significano fatica, sudore e sacrificio. Quando si varca la soglia del centro sportivo del quattordici volte vincitore del Roland Garros (40mila metri quadrati su cui si sviluppano 45 campi di tennis, due ristoranti, hotel, residenze per studenti, spa, tre piscine e dove lavorano circa 500 persone) sembra di entrare in un mausoleo di una leggenda vivente, raffigurata su ogni parete e il cui ormai immarcescibile simbolo - quel cranio di un toro stilizzato pronto a colpire con la potenza di un doppio fulmine - è scolpito sulle porte, sui muri e sui campi.

Nadal Academy

Una leggenda che però non lesina apparizioni, anzi. Quando non gioca un torneo o non è in vacanza, molto del suo tempo Rafa lo trascorre qui. Per allenarsi, per prendere le decisioni importanti, per girare spot, per consegnare i diplomi agli studenti della scuola internazionale che - ça va sans dire - porta il suo nome. Insomma, chi viene qui può realizzare anche il sogno di vedere il mito allenarsi, magari sul campo 41 in terra rossa, il suo preferito, o in palestra su uno dei tapis roulant posti dinanzi a una vetrata trasparente di fronte al campo centrale e a una statua rosa in fibra di carbonio che scolpisce i 186 centimetri di Rafa e li immortala nel movimento finale del suo dritto mancino. Per migliorare il proprio livello tennistico ci sono i programmi settimanali o stagionali diretti dallo zio Toni Nadal, che ha allenato Rafa per 26 anni, e realizzati da un team di esperti istruttori. Fatica, sudore, sacrificio, appunto. Come racconta uno di loro, valenciano 22enne che fino a 18 anni ha partecipato a competizioni professionistiche salvo poi dover cedere a uno degli ostacoli più importanti di questo sport: la mente: «Avevo perso tre partite con avversari con cui non avrei mai pensato di perdere in vita mia e da quel momento ho mollato tutto e non ho più preso in mano una racchetta per un anno. Poi mi hanno chiamato qui per intraprendere la carriera di coach e per me è stato un sogno visto che a nove anni avevo anche giocato contro Rafa».

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Da tutto il mondo vengono per assaggiare piccole dosi di vero agonismo e per ammirare i 110 trofei del campione delle Baleari esposti in bella mostra nel museo sotterraneo: dalla prima racchetta di legno all'ultima coppa alzata al cielo. Ma da tutto il mondo vengono qui anche quei ragazzini che sognano in grande: sono i talenti del domani che comprano il biglietto della lotteria per giocarsi la partita in uno sport che ripaga solo i primi venti professionisti al mondo. Sono i ragazzini che dai 12 ai 18 anni vengono selezionati per entrare al Campus dell'Accademy di Rafa per ambire all'Atp o al Wta ma anche per continuare gli studi. Un semplice recinto li separa dal resto del complesso. Da settembre a giugno, ogni anno, 160 di loro vivono in stanze doppie o triple e studiano in classi moderne e iper tecnologiche dell'International School, istituto misto anglo-americano che prepara al mondo universitario, in modo particolare a quello made in Usa. Lì non conta solo il tennis, ma si punta molto sull'insegnamento di valori come umiltà, rispetto e disciplina. E sulla formazione degli uomini e delle donne del domani.

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«Lavoro sempre con un obiettivo: migliorare come giocatore e come persona», è una delle frasi simbolo di Nadal. Molti genitori decidono di investire tempo e denaro e di affrontare un distacco così netto dai propri figli. Ma alla fine sognano anche loro. Per loro. E magari anche per se stessi. Sperano che la metodologia di insegnamento dell'academy, guidata dallo zio di Nadal e composta da ex professionisti del calibro di Carlos Moya, Carlos Costa, Marc Gorriz o Gustavo Marcaccio, possa portarli lontano, magari grazie a una delle tante borse di studio che negli anni l'accademia ha permesso di ottenere nelle più prestigiose università statunitensi ma anche europee. 17 ore di allenamento di tennis a settimana che possono diventare 23 dai 16 ai 18 anni di età in base al tipo di programma scelto. Rapporto trimestrale sui progressi e video analisi del giocatore; preparazione su tecnica, tattica, abilità mentali, 6 ore di allenamento fitness a settimana, assistenza medica, piani nutrizionali, ausilio psicologico. Il costo dell'anno accademico incluso vitto e alloggio, programma di allenamento e di studio, si aggira intorno ai 60mila euro.

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Dal 2016, anno di nascita dell'accademia, i giovani talenti hanno il privilegio di poter fare tutto questo nello stesso posto. Nadal spesso si allena con quei giovanissimi a cui brillano gli occhi mentre parlano con lui, che si ispirano a lui, che copiano ogni sua mossa. Immaginate cosa possa significare per loro. Il peso enorme della responsabilità, la paura di deludere il proprio mito, forse prima ancora di deludere i propri genitori lontani migliaia di chilometri. A quell'età sei quasi obbligato a entrare nel tunnel della disciplina e della solitudine tennistica. La metà del campo è l'unico spazio che conta e sei solo con te stesso in quello spazio, anche se tutti gli occhi sono puntati su di te.

«Le principali difficoltà che le famiglie devono affrontare oggi sono il costo economico del tennis e il vortice di competizione esagerato che porta a fare tornei viaggiando in tutto il mondo già all'età di 12 anni», racconta Toni Nadal.

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E poi c'è anche l'eterna speranza di potercela fare. Che però molto spesso può portare con sé enormi delusioni. «Oggi, gran parte del successo si riduce alla capacità di colpire la palla ad alta velocità, è più difficile stabilire se un bambino diventerà un giocatore professionista», aggiunge lo zio di Nadal al Giornale.

«Una delle grandi complessità è gestire le aspettative. Ci sono famiglie che credono che i loro figli saranno le future stelle di questo sport quando la realtà è che si tratta di qualcosa di molto complicato da raggiungere, per questo Rafa ha sempre voluto che la scuola avesse un ruolo fondamentale nella formazione dei giovani», racconta Maribel Nadal, sorella di Nadal e vice direttore generale dell'Accademia.

«Migliorare come giocatore e come persona», l'obiettivo è sempre quello di Rafa scolpito sui corridoi della scuola. Perché alla fine la competizione è uno stimolo oltre che una necessità per crescere. Ma serve anche altro per non smettere di sognare. A ogni rimbalzo. Puf. Puf.

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