La tentazione di Bertinotti: entrare nel Pd

Il presidente della Camera teme che la Cosa Rossa non decolli: "Sbrighiamoci è meglio portare in dote a Veltroni un'ala radical moderna". L'imbarazzo dei vertici del Prc: vogliamo unire la sinistra

La tentazione di Bertinotti: entrare nel Pd

Roma - È poco più di una sarcastica malignità, quella del comunista Marco Rizzo, primo tra i sabotatori della Cosa Rossa. «Fausto e Lella puntano al Quirinale, forse già alla prossima elezione». Ma se il raddoppio di un comunista sul Colle più alto resta confinato nel novero degli scenari di fantapolitica, le modalità con le quali si è costituito il Partito democratico, la grande partecipazione popolare e l’effetto calamita esercitato su Sinistra democratica e Verdi stanno facendo riflettere Fausto Bertinotti. Ancora di più alla luce degli ostacoli che ogni giorno vengono frapposti alla creazione di questa benedetta Cosa Rossa.

Se continuate a titubare il Pd fa il pieno, avrebbe detto il presidente della Camera ai prudenti e trinariciuti dirigenti della Sinistra. In giri amicali ancora più ristretti, non avrebbe esitato a manifestare il proprio disappunto in una battuta: «Se va di questo passo, meglio portare in dote a Veltroni un’ala radical moderna e al passo coi tempi». Sull’esempio del Partito democratico americano, nel quale allignano esponenti di un pensiero altrettanto «radical» di quello bertinottiano. Di questi dubbi e perplessità poco può emergere all’esterno, a maggior ragione tra gli uomini più vicini al presidente della Camera. Il segretario di Prc, Franco Giordano - già figiciotto assieme a Folena, Vendola, D’Alema e Veltroni - si trincera dietro un muro di diffidenza: «Una prospettiva impossibile, non apparterrebbe alla mia cultura politica». Il capogruppo alla Camera, Gennaro Migliore, non ne vuol sentire parlare. «Esiste una gerarchia degli obbiettivi, e ora è il momento di provarci seriamente con la Cosa Rossa. Non si può pensare a subordinate. Problemi certo ci sono, ma chi non risica non rosica: messo in moto il processo, il resto verrà».

Verrà, ma chissà quando e se. A fronte degli oltre tre milioni sbandierati dalle primarie del Pd, del mezzo milione della destra di An, domani il corteo della Sinistra anti-welfare rischia di trasformarsi in una mera testimonianza residuale. Confusa è la piattaforma, nata contro il governo e ora diventata un «sostegno affinché il governo faccia le cose di sinistra». Debole il richiamo al mondo precario, intensificato negli ultimi giorni. Persino Prodi, ieri, si è sbilanciato in indifferenza: «Sarà un corteo pro-governo e non cambierà assolutamente nulla». Rifondazione ha insistito molto per ottenere piazza San Giovanni, ma la vastità dello spazio crea molte preoccupazioni, specie all’interno del Pdci. «Voglio vedere se arriviamo a centomila...», sospira più di un dirigente. I tredici treni porteranno da fuori circa 13mila persone, i 400 pullman altri ventimila. Fiom e partito di Diliberto (con poco entusiasmo) cercheranno di uguagliare lo sforzo del Prc. Significativo lo slogan della pagina dedicata dal quotidiano Liberazione: «Treni, pullman, navi... I mezzi ci sono, voi metteteci la fantasia».

Dalla fantasia di romani e autorganizzati ci si aspetta quello scarto che porti a superare la soglia minima per non far parlare di «flop». La Sinistra d’altronde si presenterà azzoppata dal «non possumus» di Mussi e Pecoraro Scanio. Al boicottaggio latente dei tanti nemici interni (da Rizzo ai comunisti rifondaroli di Grassi, che temono ogni accelerazione in senso a-comunista), si aggiungerà il boicottaggio esplicito di No Tav, Cobas, trotzkisti di Cannavò e Malabarba.

Insomma, ci si vede in piazza, ma non si sa a far che. Tanto che qualcuno ha fatto già circolare la voce che Bertinotti sarebbe addirittura contento di un risultato poco esaltante, così si dimostrerebbe inefficace la procedura «confederativa» tra apparati esistenti. Piuttosto che sfiancarsi nell’estenuante trattativa con i Diliberto, i Mussi, i Grassi e Pecoraro, Bertinotti vorrebbe lanciare il cuore oltre l’ostacolo.

Un «cartello dei volenterosi» per un soggetto totalmente nuovo, al di fuori degli apparati, senza falce e martello e alieno dalle logiche auto-castranti della Sinistra. Un «armiamoci e partite» (capeggiato da Vendola?), il cui secondo passo sarebbe: «Apriteci il Pd, c’è posto per noi».

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