Il terrore torna a colpire il Libano alla vigilia della sfida antisiriana

Bombe sventrano due minibus. Oggi cristiani e sunniti sfidano Hezbollah. Il cardinale Bertone: attentati contro la nostra religione

A due anni dall’assassinio dell’ex premier Rafik Hariri la polveriera libanese è pronta a riesplodere. Mentre nel sud del Libano la presenza di quasi 15.000 soldati dell’Unifil, di cui 2.500 italiani, è ben lontana dal disinnescare la minaccia di Hezbollah, Beirut fa i conti con nuovi sanguinosi attentati. I professionisti della destabilizzazione sono, anche stavolta, puntualissimi. Le loro bombe colpiscono a 24 ore esatte dalle manifestazioni annunciate da sunniti e cristiani dello schieramento antisiriano per ricordare la strage costata la vita, la mattina di san Valentino del 2005, all’ex premier Rafik Hariri. Neppure il dove è casuale. La strada dove le bombe sventrano due minibus, ammazzano tre passeggeri e ne feriscono una ventina è la stessa su cui s’incolonneranno stamani i militanti cristiani diretti alle celebrazioni per Hariri.
I due bus arrivavano dal villaggio cristiano di Ain Alaq, non lontano da Bikfaya, il paese della dinastia maronita dei Gemayel, la famiglia che ha già dato al Paese martiri come Bachir, il presidente ucciso da una bomba nell’82, e Pierre, il ministro dell’Industria figlio dell’ex presidente Amin, assassinato lo scorso novembre. La prima bomba esplode a 24 km dalla capitale. L’autista muore sul colpo, il veicolo si schianta. I sopravvissuti si disperdono sotto la pioggia. Dietro si allunga una colonna di auto. Arriva un altro bus, partito dieci minuti dopo il primo. L’autista intuisce il disastro, scende per dare una mano. In quel momento anche il suo mezzo esplode. Per molte ore il bilancio sembra di una dozzina di morti. Pioggia terrore confusione e caos rendono difficile il coordinamento dei soccorsi e una conta precisa delle vittime. Più tardi però le registrazioni degli ospedali fanno scendere il bilancio a tre morti e a una ventina di feriti.
Ora la grande paura riguarda le manifestazioni di stamane a Beirut. I manifestanti antisiriani arrivati per ricordare Hariri e sostenere il governo di Fouad Siniora si raduneranno nella Piazza dei Martiri, a due passi dalla zona intorno al palazzo del governo dove dal 1° dicembre bivaccano i militanti di Hezbollah e i loro alleati cristiani del generale Michel Aoun. I grandi nemici saranno di nuovo faccia a faccia. Un insulto, una scazzottata come quella divampata nella mensa universitaria meno di tre settimane fa, rischiano di riaccendere i violenti scontri che il 25 gennaio scorso causarono la morte di nove persone. Non a caso il premier Siniora ha subito definito il duplice attentato un tentativo di destabilizzare il Paese e di impedire il ricordo dell’ex primo ministro.

«Hanno colpito per terrorizzare la popolazione e costringerla a starsene a casa», ha aggiunto Walid Jumblatt, capofila delle forze druse e alleato di Siniora. E il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato vaticano, ha parlato di «grave attentato in funzione anticristiana». E ha invitato a pregare per questa terra martoriata.

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