Terroristi contro salme, l’inganno di Hezbollah

Si spegne nel dolore delle famiglie l’ultimo filo di speranza a Gerusalemme mentre a Beirut gli ex prigionieri rimpatriati sono accolti in trionfo dai leader del Paese

«Provo dolore per Hasan Nasrallah e la sua gente». La frase più autentica di una giornata falsa e amara scaturisce dall’abisso di dolore di Shlomo Goldwasser. Alle nove di mattina i resti di suo figlio Ehud Goldwasser e del compagno di sventura Eldad Regev fanno capolino in televisione. Sono due lugubri bare nere ancora circondate da militanti di Hezbollah mentre la Croce rossa attende di prenderle in consegna e scortarle in Israele, dall’altra parte del valico di Rosh Hanikra.
Wafiq Safa, il negoziatore di Hezbollah, ha appena annunciato la loro morte, l’epilogo che Shlomo e gli altri familiari non avrebbero mai voluto ascoltare. «Li abbiamo nascosti per due anni in un luogo segreto», aggiunge con incomprensibile orgoglio. Shlomo Goldwasser si rifiuta di guardare, ma il suo sospiro triste squarcia una farsa surreale capace di trasformare in eroe un terrorista brutale come Samir Kuntar. Del resto simulazione e dissimulazione sono la parola d’ordine di questo scambio di cadaveri e prigionieri, ultima appendice della guerra di 37 giorni innescata, il 12 luglio 2006, dal rapimento di Regev e Goldwasser.
Hasan Nasrallah, il segretario di Hezbollah, non a caso si vanta esser riuscito fino all’ultimo a seminar dubbi sulla sorte dei due israeliani. Non a caso intitola lo scambio alla memoria di Imad Mughniyah alias Hajj Radwan, il capo militare di Hezbollah ucciso a marzo in un misterioso attentato. Così i momenti salienti di questa giornata si riducono a bagatelle. L’arrivo delle bare, la disperazione delle famiglie israeliane, la restituzione dei due riservisti seguita da quella dei cadaveri di 199 libanesi e palestinesi uccisi negli ultimi 30 anni in territorio israeliano, l’identificazione del Dna di Goldwasser e Regev, la liberazione del terrorista libanese Samir Kuntar e di quattro Hezbollah catturati nel 2006, diventano la coreografia studiata da Nasrallah per inscenare il proprio trionfo. Ma nel ritorno da eroe di Samir Kuntar c’è tutta la miseria umana intravista da papà Goldwasser. Mentre il premier Ehud Olmert ammette il «caro prezzo», ma definisce lo scambio un «dovere morale», oltre i suoi confini un’umanità sperduta si consegna entusiasta alle celebrazioni volute da Hezbollah. Ma l’abietto figliol prodigo per cui il governo libanese proclama festa nazionale e al quale tendono la mano il premier Fouad Seniora e il presidente Michel Suleiman resta uno scellerato e abietto terrorista. Nel 1979 sparò a un padre di famiglia, gli strappò la figlioletta di quattro anni, la massacrò spaccandole il cranio sulla pietra. Eppure per il Libano e per la galassia palestinese, pronta da Gaza alla Cisgiordania a inneggiare alle bare israeliane, quel mostro è un eroe.
Nella cittadina libanese di Naqura, appena oltre confine, l’eroe marcia su un tappeto rosso, sfila da trionfatore assieme agli altri quattro ex prigionieri nella selva di bandiere gialle di Hezbollah. Poi vola a Beirut, stringe la mano al premier e al presidente, abbraccia la madre in attesa da 29 anni, si concede un bagno di folla nella periferia sud della capitale. A Gaza e in Cisgiordania si respira la stessa surreale atmosfera. Se l’entusiasmo dei capi di Hamas è scontato, più sorprendente è quello dei leader palestinesi di Fatah a Ramallah.

Nonostante i negoziati con Israele, i legami internazionali, le prese di distanza dal terrorismo, lo stesso presidente Mahmoud Abbas non esita a inviare le sue felicitazioni ufficiali, non esita a unirsi a quella sfrontata sciarada d’abiezione.

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