C'è un prezioso libretto edito dalla Adelphi, introdotto alla grande da Giorgio La Malfa, che converrebbe leggere. Si chiama Sono un Liberale? di John Maynard Keynes. La risposta alla domanda, per niente retorica, è No. Almeno per come intendiamo noi i liberali. Ma questo non toglie che proprio per «differenza» un liberale debba compulsarlo. Si tratta di una serie di scritti, che rendono bene la grandezza del personaggio. Keynes più che un economista era uno straordinario scrittore, un uomo di affari, un gaudente, un formidabile polemista e un attore delle grandi vicende politiche di inizio Novecento. E come previsto dallo stesso K. le sue idee (pessime quelle economiche) «sono molto più potenti di quanto comunemente si pensi. In realtà il mondo è governato praticamente solo da queste». Anche oggi alcune male intese ricette keynesiane vengono riproposte non già per la loro efficacia, ma per la mancanza di alternativa intellettuale e scientifica che si è creata negli ultimi venti anni. Scrive La Malfa citandolo: «La difficoltà non è nelle nuove idee, ma nel riuscire a sfuggire alle vecchie».
Come dicevamo si tratta di un libro fantastico. Si apre con la cronaca, vissuta direttamente, degli accordi tra i quattro grandi (Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e Italia) per risolvere il pasticcio della prima guerra mondiale e delle «conseguenze della pace». È una cronaca esilarante. Parte di ciò che accadeva tra Clemenceau e Wilson lo possiamo trasportare ai giorni nostri. Quell'idea francese di non perdere posizioni e popolazione nei confronti dell'odiata Germania, quei pregiudizi sull'incapacità americana di capire il nostro continente e quanti di quei pregiudizi siano fondati. E quel bluff mal giocato degli Italiani di Orlando che speravano di vincere scappando in patria e che invece ottennero solo un maggiore potere negoziale per i piccoli e disprezzati belgi.
E poi tra i tanti scritti, proprio quello che dà il titolo alla raccolta. K. si cruccia di essere un animale politico e di non trovare casa. Troppo tory i conservatori per soddisfarlo e troppo labour i laburisti per compiacerlo. Si dovrebbero tagliare le ali estreme. Ma K. un programma ce l'ha. Non si capisce bene perché non coincida con quello liberale, ma l'autore è fatto così. Si basa su cinque questioni, quella politica ed economica (che non è quella liberista, quella del lasciar fare e del libero scambio, come capiremo meglio in altri scritti) sono scontate.
Ma è importante notare come negli anni '30 si ponesse tre questioni che sono tutt'oggi all'ordine del giorno e profondamente divisive, per la stessa casa liberale: sesso, droga e guerra. Un approccio a questi ultimi tre temi che dà molto più dei primi due l'idea di come quel genio di Keynes nato con le radici ficcate nell'800, capisse già quale sarebbero state le questioni del secolo dopo.
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