Torna lo stile Curiel L’eleganza si indossa come petali di fiore

«È una gatta da pelare gigantesca, ma qualcuno lo deve pur fare: bisogna difendere tutte le eccellenze italiane, il nostro culto del bello e della moda». Silvia Venturini Fendi non lo dice ufficialmente, però sembra orientata ad accettare la presidenza di AltaRoma al termine del mandato di Nicoletta Fiorucci, il prossimo aprile. «Certo queste sfilate romane vanno completamente ripensate», sostiene l'intelligente signora che per il marchio creato dalla sua famiglia e oggi controllato dal Gruppo Lvmh (Louis Vuitton Moet Hennessy) ha inventato borse di culto come la Baguette e la Peekaboo oltre a scoprire tanti nuovi talenti. Dire che ha ragione è poco: le sfilate in corso a Roma fino a domani sembrano intrappolate nella vecchia dinamica delle notizie create a tavolino e degli ospiti nel parterre.
Eppure non mancano le buone creazioni. Ad esempio da Gattinoni, con le strepitose lavorazioni di certi modelli. Tanto per dare un’idea c’era un vestito da sera in chiffon verde penicillina con oltre mille minuscole margheritine ricamate secondo un disegno d'archivio del 1946: un lavoro certosino. Spettacolari anche gli abiti a trapezio bianchi corti e apparentemente semplicissimi anche se costruiti attorno a un corsetto di tulle: il segreto dell’alta sartoria. Indimenticabile la camicia in velo dipinto a mano con i colori dell'aurora boreale per non parlare del tailleur di organza con la giacca a mantellina indossato da una modella truccata e pettinata malissimo anche se meravigliosamente adornata dai poetici gioielli di Gianni De Benedittis. Quaranta modelli d'archivio della storica maison romana da cui sono usciti i costumi del kolossal Guerra e Pace di King Vidor e quelli indossati da Ingrid Bergman in tutti i suoi film italiani fino a Fiore di cactus, saranno esposti a Parigi, nella splendida sede dell’ambasciata italiana dove dal 20 giugno al 20 settembre si terrà la mostra «Gattinoni e il cinema» a cura di Sofia Gnoli.
Un'altra prova di grande bravura sartoriale arriva inevitabilmente da Raffaella Curiel, una che davvero può mescolare nei suoi discorsi l'alta moda con il Dna essendo figlia dell’impareggiabile Gigliola (l’ebrea triestina che nel bel mezzo delle leggi razziali vestiva Donna Rachele Mussolini oppure Luisa Ferida) ma anche madre dell'adorabile Gil che zitta zitta crea bellissimi gioielli con grosse pietre dure. «Sono solo una sartina di Milano», taglia corto la Curiel tornata sulle passerelle capitoline dopo una violenta polemica con i vertici di AltaRoma. «Me ne sono andata dalla porta, mica posso rientrare dalla finestra», commenta la signora a proposito della clamorosa location scelta per la sua sfilata: una sala del Campidoglio. Qui ieri sera abbiamo visto poetici modelli ispirati ai fiori: un tailleur di lino con il collo trasformato in corolla, l'abito da sposa in organza con bolero a forma di peonia, l'inconfondibile tubino Curiel (nessuno li taglia bene come lei) con un giardino dipinto a mano sull'organza, il vestito a petali sfogliati giallo ranuncolo, la gonna a tulipano e chi più ne ha più ne metta.
Anche Fausto Sarli s'ispira ai fiori, soprattutto all'eleganza misteriosa e sensuale delle calle.

Ricamate a centinaia sul corpetto di un vestito corto color cipria, ma anche costruite in tessuto e poi applicate una per una a mano su un fulminante abito con cappa che all'occorrenza diventa strascico, le calle di Sarli avevano qualcosa di struggente come tutto quello che fa questo monumento vivente alla tradizione sartoriale della sua città natale, Napoli, diventato nel corso degli anni il gran maestro della couture romana.

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