TOUR CULTURALE

Il biglietto d’ingresso costa tre dinari, poco meno di due euro, con un dinaro aggiuntivo per l’eventuale uso di macchina fotografica o cinepresa. Non esistendo Baedecker né pubblicazioni esaustive sul sito, ci si può affidare all’unica guida professionista del luogo, Amel Ayadi. Amel in arabo vuol dire «speranza», e lei è una ragazza radiosa e irruente che parla svariate lingue, ti coinvolge e appassiona. È con Amel che siamo andati alla scoperta del gioiello archeologico pressoché sconosciuto di Bulla Regia, in Tunisia.
Definirlo gioiello è poco. Non soltanto perché vi si son rinvenuti tesori non solo artistici, ma anche perché percorri una città che s’è conservata intatta come Pompei, ma più ricca e bella della località campana, essendo la capitale dei re numidi, alleati dei romani. Bulla fu abbandonata dopo un terremoto, poco prima della conquista araba. È ancora tutta lì, ed è affascinante percorrerne le strade sotto i raggi del sole e immaginando quanto ancora è nascosto sotto due metri di terra, poiché la città è stata portata alla luce a malapena per un terzo della sua estensione, svariati decenni fa. Di nuovi scavi non si parla, mentre è ancora in funzione la cava dove si traeva la pietra rosa di cui è fatta la città, e il martellare attutito delle macchine che giunge dal costone della montagna è l’unico suono che rompe il silenzio.
La cosa più mirabile, che fa unica Bulla Regia, sono le case romane costruite su due piani, con quello nobile interrato. Sono frutto della sintesi tra l’architettura romana e quella berbera, il cui esempio più famoso è a Matmata, con le case sotterranee scavate nella roccia di grandi pozzi, rese famose dal film Guerre stellari. Il peristilio e le stanze signorili nel piano inferiore servivano a ripararsi dal caldo d’estate e dal freddo d’inverno. Sui pavimenti brillano mosaici di estrema bellezza, così raffinati, nella composizione a piccole tessere, da renderne arduo l’espianto per la conservazione nel museo del Bardo a Tunisi. Nelle poche abitazioni portate alla luce, son conservati ottimamente i bagni e le docce, gli scarichi nella fognatura delle strade vicine, le tubature. E il teatro della città ha un’acustica di prim’ordine.
Ma quel che colpisce di più il visitatore occidentale è il silenzio e la quiete in cui è immersa Bulla Regia. Non è breve il viaggio per giungervi, sta a circa 200 chilometri da Tunisi. Ma su sei milioni di turisti che ogni anno trascorrono una vacanza in Tunisia, soltanto 40mila raggiungono questo sito. È un posto più affascinante di Pompei. Ma affollato da non più di duecento persone al giorno, e fuori stagione è spesso deserto.
Sapete quanti siti come Bulla Regia ci sono in Tunisia? Una ventina, distribuiti nell’entroterra della lunga costa mediterranea, sino ai confini con l’Algeria e sul limitar del deserto. Nei tour canonici delle agenzie rientrano soltanto le rovine di Cartagine, il museo del Bardo e l’anfiteatro di El Djem, al più le rovine di Utica con la memoria di Sant’Agostino, ma da Dougga a Sbeitla c’è un tesoro archeologico che abbraccia la civiltà punica, quella romana e quella bizantina. C’è una piccola città proconsolare a pochi chilometri da Tunisi, Uthina, che sembra uscire da un sogno. Una stazioncina ferroviaria nei pressi, bianca e azzurra, sulla linea tra Tunisi e Kef, gli archi dell’antico acquedotto romano, cipressi e campi verdi tutto intorno. Sul campidoglio di Uthina, ben conservato, il proprietario terriero francese di fine Ottocento aveva costruito la villa padronale, tra colonne e archi. L’effetto è bizzarro, ma ormai non sgradevole. Tant’è che, dopo un lungo dibattere, gli archeologi hanno deciso di lasciarla lì. Sono gli archeologi dell’Università di Cagliari, che ogni settembre scendono in missione di scavi.
La caratteristica sorprendente e da sfruttare è che non distante da ogni località alla moda sul mare, da Tabarka ad Hammamet fino a Djerba, si nasconde un’antica città che merita di essere scoperta e goduta. Così, ora è questa la nuova frontiera del turismo tunisino. Il solito «pacchetto» mare-deserto, nonostante le città-vacanza a prezzi stracciati che son sorte numerose, mostrava la corda pur se la stagione è dilatata all’inverosimile con l’afflusso di turisti dall’Est europeo, che trovano caldo anche l’inverno mediterraneo. Un paio d’anni fa gli uffici del turismo tunisino si sono inventati le «vacanze estetiche», convenzionando cliniche nei pressi dei grandi alberghi sulla costa con chirurghi plastici europei: un naso o un paio di tette nuove con settimana di convalescenza marina, alla metà del costo medico nostrano. Adesso, allargano il ventaglio alla cultura.
La materia prima non manca: oltre ai siti dei quali abbiamo parlato, compariranno presto sui depliants turistici i siti archeologici di Zaghouan, Thurbo Majus, Makthar, Sbeitla, Chemtou, Bou Ghrara. Ogni città antica, una scoperta incredibile. Il governo tunisino sta investendo per questa nuova frontiera del suo turismo, provvedendo a infrastrutture e rendendo più agibile il percorso per giungere alle antiche città.

Già quest’anno ad esempio, per andare a Bulla Regia da Tunisi - da Tabarka ci si mette molto meno tempo - si risparmia un’ora rispetto a due anni fa, perché l’autostrada che si sta costruendo verso l’Algeria è stata deviata apposta. Del resto, almeno per la Roma antica, la vera quarta sponda era proprio questa.

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