Tremonti incassa e tira avanti per la sua strada

Il titolare dell’Economia sceglie di non replicare alle accuse dell’amico Umberto, ma in fondo non è preoccupato dai toni di Pontida

Tremonti incassa 
e tira avanti 
per la sua strada

Roma - Una domenica come le altre. O quasi. Giulio Tremonti ha trascorso la mattina e il pri­mo pomeriggio nella sua casa di Pavia. Poi è partito per l’Eu­rogruppo di Lussemburgo, convocato per discutere della nuova rata di 12 miliardi di aiu­ti alla Grecia.

Ecco, il rischio-fallimento di Atene e la possibile contamina­zione di tutta l’area euro sono la miglior assicurazione per il ministro dell’Economia.I mer­cati internazionali e le agenzie di rating (l’allarme di Moody’s è solo l’ultimo in ordine di tem­po) assisterebbero torvamen­te a un avvicendamento non previsto a Via XX Settembre. E poi il discorso di Bossi, ascolta­to dalla prospettiva tremontia­na, è stato molto meno incen­diario di quanto si potesse pre­vedere.

Certo, se lo scenario macro­economico internazionale fos­se stato diverso, non avrebbe esitato a tradurre in realtà le sue proverbiali minacce di di­missioni. Le parole del Sena­tùr a Pontida non gli sono pia­ciute, anzi qualche dispiacere gliel’hanno causato ma non ta­le da far saltare il banco. Il ta­glio dei costi della politica? Il ministro ci aveva pensato già nella prima manovra del 2008, incluso il taglio dei rimborsi ai partiti, ma maggioranza e op­posizione gli misero i bastoni tra le ruote. Diminuire le mis­sioni di guerra? Se si vuole usci­re dalla Nato, basta dirlo...

Quando gli è stata rinfaccia­ta come «vergognosa» l’azione di rafforzamento del contrasto all’evasione fiscale tramite Equitalia, Tremonti tra sé e sé avrà fatto spallucce. Gli è basta­to ascoltare i fischi della base che urlava «Secessione, seces­sione ». Per far cambiare rotta al superministro non servono minacce come quelle di toglier­gli i voti in Parlamento, soprat­tutto se proferite da un leader che sembra aver perso sinto­nia con il proprio popolo.

Perciò ok alla legge delega per la riforma fiscale, ok alla ri­scrittura del Patto di stabilità che è già stata avviata, ma tutto questo andrà di pari passo con la manovra da 40 miliardi che verrà anticipata a questa esta­te e alla quale il ministro sta la­vorando da tempo. La riforma del fisco viaggerà a un’altra ve­locità quella dei decreti delega­ti che richiederanno un sur­plus di passaggi parlamentari. E gli effetti, se tutto andrà be­ne, si dovrebbero sentire nel 2013 se non nel 2014. Ma sem­p­re a costo zero perché la situa­zione dei conti pubblici non consente di fare spesa aumen­tando il deficit. Anche perché ieri il titolare del Tesoro ha aggiunto un al­tro nominativo al lungo elenco dei supporter che nelle ultime settimane gli hanno mostrato solidarietà. La Confindustria di Emma Marcegaglia, dopo mesi e settimane spesi a cerca­re sollievo per la pressione fi­scale, gli ha testimoniato fidu­cia auspicando la «massima co­esione » di tutte le forze politi­che. Può perciò Tremonti essersi sentito messo alle strette da quello che ha detto Bossi a Pon­tida?

No. Né, tantomeno, lo preoccupano eventuali sortite dell’opposizione. In fondo, se c’è una figura della maggioran­za che è uscita vincitrice dalla doppia ondata amministrati­ve- referendum è proprio Tre­monti. L’armata «fricchetto­na » che ha prevalso non è in grado di pensare seriamente al­l­a gestione economica del Pae­se e questo Bersani, Vendola e Di Pietro lo sanno bene. E non fanno una mossa perché san­no che quei 40 miliardi di ma­novra farebbero perdere loro immediatamente quel consen­so faticosamente racimolato tra i relitti degli anni ’70. L’analisi politica che ha ca­ratterizzato il pre-Pontida va pertanto considerata sotto un’altra luce. L’azione coordi­nata Berlusconi- Bossi per un fi­sco più leggero non potrà non condizionare il lavoro di Tre­monti.

Ma in maniera differen­t­e rispetto a quanto preventiva­to. Ove mai facesse spazio a del­le concessioni, vi sarebbe un marchio leghista sulla sua azio­ne. Se invece non mostrasse sensibilità all’appello, la tenu­ta dell’esecutivo potrebbe sof­frirne e, oggi come oggi, non è detto che l’ allure del ministro possa coincidere con quella di réserve de la République che si richiede in questi casi.

Queste considerazioni, tutta­via, hanno un impatto limitato sulla stretta attualità.L’obietti­vo del pareggio di bilancio nel 2014 non si può in alcun modi­ficare. E i mercati credono che solo una persona possa conse­guirlo: Giulio Tremonti.

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