A tu per tu col popolo del Giornale

A tu per tu col popolo del Giornale

Ferruccio Repetti

Ce l'ha messa tutta, ieri mattina, il caporedattore Massimiliano Lussana - pur febbricitante per un improvviso attacco d'influenza, ma non meno tetragono del solito - per soddisfare tutti quelli che erano accorsi a gremire la sala consiglio della Provincia in occasione dell'incontro sull'«Informazione allo specchio» organizzato dal gruppo di Forza Italia a Palazzo Spinola. Ce l'ha messa tutta, Lussana, ma, diciamolo con franchezza, non è riuscito ad accontentare che una minoranza: il pubblico, autentico campione rappresentativo del «popolo» del Giornale, è uscito dall'aula con una raffica di domande già pronte a materializzarsi al microfono, ma forzatamente censurate dall'orologio. Tutto questo, al termine di tre ore fitte di botta e risposta, interventi, solleciti, richieste e chiarimenti, per uno scambio di opinioni che voleva essere - ed è stato, soprattutto - un dialogo fra teste pensanti, non omologate, mai vittime del pregiudizio, pronte a discutere con onestà intellettuale e rispetto delle posizioni reciproche, anche di quelle più diverse e apparentemente più lontane. L’ha messo in chiaro subito lo stesso Lussana, parafrasando Voltaire, fedele alla medesima impostazione cui aveva dichiarato di attenersi fin dall'inizio dell’incarico alla redazione di Genova, oltre due anni fa: dobbiamo batterci fino all'estremo perché chiunque possa esprimere il proprio parere, anche se questo è all'opposto di come la pensiamo noi. «E' questa la nostra idea e la nostra visione del mondo e, naturalmente, anche del mondo dell'informazione» esordisce difatti il caporedattore, nativo di Bergamo, entrato giovanissimo al Giornale dove ha acquisito un'ampia esperienza, anche come inviato, prima a Milano, poi a Roma, infine a Genova di cui s'è immediatamente innamorato - di tutto, compresa, da buongustaio, anche la cucina - fino a diventare ormai più genovese di tanti «indigeni».
«La nostra è la forza delle idee» ribadisce Lussana, strappando il primo di una serie di battimani che non fa mistero di gradire. E aggiunge: «La redazione genovese ha sì il preciso dovere di dare notizie ai lettori, ma è anche vero che con i lettori si è realizzata una sorta di identificazione che è il vero patrimonio del nostro lavoro». Un concetto, del resto, confermato apertamente da quanti hanno responsabilità politiche e amministrative ed erano presenti all'appuntamento di ieri: da Roberto Bagnasco, capogruppo azzurro in Provincia - «consideriamo il Giornale amico, ma non appiattito sulle posizioni di chicchessia» - a Giuseppe Costa, omologo di Bagnasco in Comune - che sottolinea: «Il Giornale di Genova è davvero libero, tanto che spesso ci incalza, anche con qualche legittima tiratina d'orecchie» -, allo stesso Roberto Cassinelli, commissario metropolitano di Forza Italia che insiste: «Siete una voce indipendente, che ascoltiamo con vivo interesse e partecipazione. E riconosciamo che avete anche una grossa funzione di recupero di quella fascia di elettori indecisi, che si sono allontanati dalla vita politica, dalla partecipazione alla cosa pubblica. Anche per questo, dunque, abbiamo bisogno di voi». Riprende il discorso Lorenzo Zito, vicecapogruppo degli azzurri in Provincia, che ha fortissimamente voluto l'incontro e si è assunto anche l'arduo compito di moderatore-provocatore: «Mi chiedo, e chiedo a Lussana - attacca Zito - come sarà l'informazione e come saranno di conseguenza i giornali nel prossimo futuro». E' questo, infondo, uno dei temi centrali dell'incontro. Lo hanno ben compreso i presenti in sala, che non si considerano dall'altra parte della barricata, ma deliberatamente schierati davanti «allo specchio», e che dimostrano di non aver bisogno di sollecitazioni per impadronirsi del microfono. I temi si incrociano, si passa dal locale all'internazionale, dalla cronaca alla politica, all'economia. «Genova è davvero cambiata, è davvero così bella?» domanda provocatoriamente il primo lettore. Poi spiega: «A me pare che siano più le cose che non vanno rispetto a quelle che funzionano. Qualche esempio: la società Boero che si trasferisce a Tortona, l'Istituto italiano di tecnologia che fatica a trovare la sede, rimessa in discussione dopo che il governo Berlusconi e la precedente giunta di centrodestra avevano fatto tanto, compreso trovare locali e finanziamenti. Mi sa - conclude amaramente il lettore - che in città si sia realizzato solo quello che ha ricevuto i soldi dal governo e dallo Stato. Voi del Giornale l'avete scritto, ma dovete fare ancora uno sforzo per ribadirlo». Lussana non si fa pregare: «Verissimo. Molte idee vitali per lo sviluppo della città sono state travisate o addirittura travolte». A questo punto lancia lo strale: «E' anche vero - scandisce al microfono, davanti alla prima fila in cui sono seduti il vicepresidente della Camera e presidente del consiglio nazionale di Forza Italia, Alfredo Biondi, il sottosegretario Alberto Gagliardi, l'onorevole Giorgio Bornacin di An, e il collega di partito, capogruppo in Regione, Gianni Plinio, e il consigliere regionale e comunale di Forza Italia, Matteo Rosso - è anche vero, però, che il centrodestra si è comportato un po' troppo spesso da signore, quando invece gli altri, a sinistra, tanto signori non sono». Gragnola di applausi. Si alza un altro lettore, non ci sono scalette precostituite e gerarchie preconfezionate: tutti possono parlare, su qualunque argomento. Viene fatto l'accenno ai «processi comunisti nell'allora Unione sovietica, in Polonia, ai crimini rossi che sono stati anche peggiori dei crimini nazisti». Qualcuno, con la voce alterata da comprensibile commozione, porta testimonianze personali, apparentemente «private» in realtà umanissime e universali: «Mia zia mi ha raccontato cosa succedeva nelle prigioni di Mosca, mio cugino...». Impossibile interrompere quelle voci, mentre un brivido corre nella sala. Lussana risponde: «Solo sul Giornale si è data voce alle storie dei morti dimenticati», delle tragedie di chi era dall'altra parte, spesso anche di chi è rimasto vittima di veri e propri omicidi privati dietro il paravento della resistenza al fascismo e al nazismo. «E come non ricordare - aggiunge - l'epoca in cui (allora ero studente) sul mio libro di Storia c'era scritto che le foibe erano fosse in cui venivano gettati i corpi dei partigiani di Tito?». L'inchiesta sui «morti dalla parte sbagliata» è cominciata ed è tuttora in corso sulle nostre pagine. «Non per resuscitare rancori o vendette, ma per fare riflettere».
A proposito di rancori e vendette: l'attualità impone almeno un accenno alle vignette satiriche su Maometto che tanto hanno infiammato il fondamentalismo islamico: le provocazioni, si conviene anche da parte del pubblico, sono stupide e da evitare, «l'iniziativa del ministro Calderoli è stata intempestiva e sbagliata, ma la libertà di stampa e di espressione è sacrosanta - ribadisce Lussana, ricevendo nuovi, convinti consensi -. Del resto, mi pare che nessuno a sinistra si sia scandalizzato quando sono state pubblicate le vignette di Vauro sul Manifesto che dileggiavano Gesù Cristo in croce...».
Dalle vignette «sataniche» si passa a quelle molto più tranquille, anche se simpaticamente graffianti, e soprattutto, molto apprezzate, di Davide Sacco che il Giornale ha pubblicato e sono diventate elementi di una mostra in Regione: «Onore al merito a Sacco - spiega il caporedattore - e anche al presidente del consiglio regionale Mino Ronzitti, dal quale mi divide quasi tutto, ma di cui riconosco la lealtà e correttezza». Altra sterzata: «E' vero che i partigiani jugoslavi di Tito percepiscono la pensione dell'Inps?». Verissimo: questa volta la risposta di Lussana è all'unisono con quella di Biondi e di un anonimo e appassionato rappresentante del pubblico: la pensione è stata assegnata in quanto i destinatari erano italiani a tutti gli effetti fino al 25 aprile 1945, e quindi hanno maturato i diritti... La legge è rispettata, l'opportunità magari zoppica. Avanti tutta: par condicio, esproprio delle case proposto da Rifondazione comunista, parcheggi, depuratori che non funzionano, i fallimenti della gestione-Pericu, libertà di stampa. A proposito: «Ecco qua - mostra Lussana - come la intendono certi personaggi: è appena arrivata una querela a un nostro redattore per aver pubblicato una nota del presidente dell'Autorità portuale a proposito di una richiesta di sponsorizzazione. Ma noi continueremo a scrivere senza farci intimidire». Il confronto è sempre più aperto. Botta e risposta al fulmicotone: «Perché pubblicate tante lettere?». Replica: «Ne arrivano a valanga, ne abbiamo giacenti a centinaia che non riusciremo mai a pubblicare, è la dimostrazione del legame con i nostri lettori». «Come mai il Giornale, in certe edicole, è spesso esaurito?», «Chiamateci, provvederemo d'intesa con i colleghi della diffusione». Le istanze più diverse: «Perché non fate le locandine e le pagine dedicate alla donna, perché non regalate copie alle scuole come fanno altre testate?». Domande a raffica, passa il tempo, ma nessuno abbandona la posizione. Viene ricordato Fabrizio Quattrocchi: Zito e Lussana trovano il modo per inviare un saluto, a nome di tutti, alla sorella, Graziella, che ha ringraziato per il sostegno del Giornale, di An e Forza Italia, e non ha potuto partecipare all'incontro. C'è tempo solo per un intervento di Gagliardi - «battiamoci a fondo contro la memoria corta» - e di Biondi: «Il metodo liberale, autenticamente liberale è quello vincente, è la regola da applicare ovunque. In questo incontro ci sono state domande importanti, risposte puntuali, disponibilità e concretezza. Abbiamo verificato ancora una volta la volontà di partecipare».

E allora, al momento dei saluti, quando ancora ci sarebbero tante cose da dire, arriva il gong di chiusura accompagnato dalla promessa: «Che ne diete se rendiamo periodico questo appuntamento con Lussana, con il Giornale, con la libertà?» lancia l’idea Zito. L'applauso che segue è qualcosa più di un consenso: è un impegno da mantenere. E che verrà mantenuto.

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