«Tutta l’Europa vuole copiarci il piano casa»

nostro inviato a Bruxelles

Piano-casa al via, annuncia Berlusconi, precisando che, dopo un incontro con le Regioni («Ascolteremo cosa avranno da dirci»), si presenterà - probabilmente venerdì - in Consiglio dei ministri per il varo del provvedimento. Che tra l'altro, annuncia con un pizzico d'orgoglio malcelato al termine del summit Ue, potrebbe essere adottato non solo nella penisola. «Entro lunedì - rivela infatti - forniremo i dati della nostra iniziativa alle ambasciate di tutti i Paesi europei, visto che ci hanno chiesto di conoscere i dettagli del provvedimento».
Parla dei portoghesi, Berlusconi, come dei più interessati a copiare l'iniziativa. «Ma in tanti - aggiunge - dopo la cena di giovedì sera durante la quale ho illustrato il piano, mi hanno chiesto di fornirglielo, avendo capito che può rivelarsi un mezzo per far ripartire l'economia».
Non è il solo elemento di cui poter andar fiero. Il premier ci tiene a far sapere dell'apprezzamento comune «per le misure decise dall'Italia sulla crisi economica», del compiacimento unanime sulla scelta di tornare al nucleare e di svilupparlo assieme alle energie alternative. Non è tutto. Rispetto a un recente passato, in cui le richieste del governo di Roma venivano confinate nel ruolo di mezze-promesse, stavolta il summit ha concesso all'Italia più di 400 milioni di euro per 5 specifici progetti di infrastrutture nel campo dell'energia e delle telecomunicazioni: per i due gasdotti Algeria-Sardegna e Turchia-Grecia-Italia; per i due cavi di collegamento elettrici tra Sicilia e Calabria e tra Italia e Malta; e infine per la costruzione a Porto Tolle di una centrale di stoccaggio per l'anidride carbonica. È vero che, trattandosi di cofinanziamento, il governo dovrà metterci anche del suo, ma rispetto ai 200 milioni che in un primo momento Bruxelles aveva deciso di concedere (pare ci sia stata una telefonata molto «decisa» del presidente del Consiglio a Barroso, a riguardo) c'è di che fregarsi le mani.
E, ancora, c'è da esser soddisfatti - come poi rileva assieme a Tremonti - che sia stata affidata all'Italia la creazione di «nuove regole» comuni per finanza e banche che si spera possano esser varate al G8 di luglio (mentre tedeschi e francesi sono in armi per la lotta ai paradisi fiscali con Sarkozy ad assicurare che anche quelli inglesi saranno tolti di mezzo) e che gli altri 26 abbiano dovuto riconoscere che da noi la crisi è meno asfissiante che per altri.
Certo, resta parecchio il lavoro da mettere in cantiere per superare le difficoltà (compresa la storia del finanziamento di 30 miliardi ai Paesi terzi per favorire il pacchetto ambiente, che qualcuno vorrebbe fosse pagato di più dai maggiori inquinatori Ue, mentre altri, come i polacchi, preferirebbero si pagasse proporzionalmente a partire dai più ricchi), ma intanto si è sgombrato il campo della vicenda dei 5 miliardi di euro per infrastrutture per cui in tanti premevano e che a noi arrivano nella misura del 10% circa.
Ora all'orizzonte si prospetta il G20 di Londra, tra una decina di giorni. «Abbiamo definito una posizione comune» assicura il premier, il quale non ritiene che i 400 miliardi di euro già stanziati dai Paesi Ue, pari al 3,3% del Pil dei 27, sia poca cosa come qualcuno prova a sostenere da Washington. Anche perché proprio l'Europa è comunque pronta a intervenire nuovamente, se s'aggravasse la crisi, come dimostra la decisione unanime di raddoppiare l'impegno (da 25 a 50 miliardi) per i Paesi dell'Est nel caso questi - dopo Ungheria e Lettonia - dovessero dar segni di default.
Sistemata con soddisfazione la partita europea - e annunciato che i lavori per il G8 alla Maddalena proseguono spediti e senza problemi, visto che per l'alloggio dei «Grandi» si sta pensando a navi da crociera - a Berlusconi tocca poi rimasticare non poca politica nazionale, seguito com'è pure al Sablon (quartiere brussellese degli antiquari dove acquista due vasi e quattro statuette raffiguranti le stagioni) da una piccola folla di reporter che gli chiedono di tornare sui rapporti con Bossi e con Fini.
«Nessun pericolo coi due. Mai state distanze. Certo - ammette -, ci possono essere iniziative che non condivido, ma il tutto nell'ambito di una propria identità e all'interno di un quadro comune sui principi e sui valori». Non ci casca, Berlusconi, nel gioco di chi vorrebbe attizzare nuovi focherelli polemici: «Sono 15 anni - ricorda - che sono il centro del centrodestra e non c'è mai stata una crisi di rapporto con gli altri leader. Anzi, i rapporti si sono rafforzati. Mai stata - assicura - una situazione che sia andata oltre la consueta dialettica. Poi è chiaro che in vista delle elezioni ognuno si presenta al proprio elettorato cercando di prender voti, ma è cosa normale».
Si dice infastidito da frasi attribuitegli da un quotidiano contro Fini («Gianfranco è circondato dalla stima di tutti. Ora ricopre un ruolo istituzionale e sul dopo deciderà lui cosa fare»), così come nega di aver mai detto che le ronde non servano («Ho semplicemente spiegato che abbiamo dato un pretesto all'opposizione e ai media per attaccarci»). E quanto al rischio di un duello al nord con la Lega per le Europee, fa spallucce e tira dritto: «La competizione, in politica, è la regola. Anche tra partiti della coalizione. Per cui non vedo problemi».
Conferma che sarà capolista alle Europee («Me l'hanno detto» ride), ma nega si sia discusso ancora sull'idea di candidare anche i ministri o che si sia decisa una campagna di manifesti. Quello di cui invece si dice certo è dell’accoglienza senza alcun problema degli ex-appartenenti ad An nella famiglia dei popolari europei.

Dice di aver spiegato al Ppe che la destra che in Italia si richiama alla vecchia destra è quella di Storace, della Santanchè, della Fiamma tricolore (in realtà gli scappa «Freccia tricolore» di cui si scusa notando di avere «il cervello sempre più avanti della lingua») e di non aver trovato alcun problema. Anzi, forse uno c'era: «Una punta d'invidia per il risultato che potremo ottenere alle Europee: intorno al 43% che, se ci fosse anche Casini, potrebbe arrivare al 49%». Ma questo è un altro discorso. Forse, futuribile.

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