Tutti i sospetti sul killer di monsignor Padovese: pazzo o anti cristiano?

Tutti i sospetti sul killer di monsignor Padovese: pazzo o anti cristiano?

Nel dicembre 2007, dopo l’ennesimo attacco a un prete cattolico - il francescano Adriano Franchini - monsignor Luigi Padovese, il Vicario apostolico dell’Anatolia assassinato tre giorni fa in Turchia, aveva dichiarato: «La nostra volontà di restare qui si rafforza dopo queste aggressioni. Tuttavia c’è da dire che nonostante che la popolazione turca sia generalmente buona, eventi del genere testimoniano che c’è un ramo malato nel grande albero della popolazione locale». Anche in quel caso si era trattato di uno «squilibrato», una persona psicologicamente instabile, un giovane che voleva convertirsi al cristianesimo dall’islam ma voleva farlo immediatamente. Tre anni fa, l’arcivescovo di Smirne, Ruggero Franceschini, aveva usato le stesse parole che ripete ora: «Ancora una volta diranno che questo è un atto di un pazzo. Ma allora dobbiamo ammettere che da un anno e mezzo circa in Turchia gli atti da matto sono notevolmente aumentati, guarda caso contro i religiosi cristiani stranieri».
Dopo la morte di don Andrea Santoro nel febbraio 2006, dopo l’aggressione a padre Martin Kmetec, dopo le minacce subite dai francescani nella parrocchia di Mersin; dopo l’accoltellamento di un sacerdote cattolico di nazionalità francese, padre Pierre Brunissen, che aveva appena riaperto la chiesa di don Santoro; dopo la morte di tre cristiani protestanti, torturati, incaprettati e uccisi a coltellate mentre lavoravano a Malatya nella casa editrice Zirve, che pubblica Bibbie e libri di matrice religiosa cristiana; dopo l’accoltellamento di padre Franchini, e ora dopo la barbara uccisione per sgozzamento del vescovo Padovese, si continua a parlare di pazzi «instabili di mente». Pazzi isolati, come è sempre stato definito Ali Agca, l’attentatore turco appartenente ai Lupi Grigi che il 13 maggio 1981 ferì gravemente Giovanni Paolo II in Piazza San Pietro. Giovani «instabili» che spesso si scopre essere stati in contatto con gruppi ultra-nazionalisti e anticristiani.
Molti sono ancora i punti oscuri di questa vicenda. Innanzitutto, monsignor Padovese è stato colpito con una violenza efferata. Padre Roberto Ferrari, missionario in Turchia, che ha visto il corpo del presule, riferisce che «la testa si è staccata come quella di San Giovanni». Si sa che l’assassino, l’autista del vescovo, il ventiseienne turco Murat Altun, è arrivato nella casa del prelato a Iskenderun in motorino, accompagnato dal fratello. Ha agito da solo, perché ispirato da «una rivelazione divina», come egli stesso ha dichiarato, oppure qualcuno l’ha aiutato?
L’arcivescovo di Smirne, Franceschini ha detto al Tg1 che «Murat non era affatto malato di mente. Si era sottoposto ad accertamenti presso l’ambulatorio di psicologia e psichiatria dell’università solo per precostituirsi un alibi. Anche la persona che ha gettato una bomba molotov sulla nostra cattedrale di San Policarpo, qui a Smirne, è stato definito “un malato mentale”. E ci può essere sempre qualcuno che approfitta di difficoltà psicologiche per spingere a fare queste cose».
Murat Altun, al contrario di quanto si è detto, non si era convertito al cristianesimo ed era rimasto musulmano, come ha voluto chiarire il suo avvocato. L’autista era ben inserito nell’ambiente della sua città e la voce secondo la quale ultimamente ci sarebbero stati dei dissapori con monsignor Padovese – il quale, tra l’altro, attesta il vescovo emerito di Verona, Flavio Carraro, si era dato molto da fare per trovargli un posto di lavoro in Italia per permettergli di aiutare la sua famiglia – non basta certo per giustificare un assassinio.
Resta infine il mistero del viaggio a Cipro annullato la mattina del giorno dell’omicidio. Monsignor Padovese aveva collaborato intensamente al documento preparatorio del Sinodo, doveva essere vicino al Papa nei tre giorni della visita, aveva prenotato il volo per sé e per Murat Altun, ma poi ha annullato i biglietti.

Perché? Si è detto che il prelato non si sentiva bene, forse aveva avuto una crisi di diabete. Ma fino al giorno prima non aveva interrotto le sue attività pastorali. E quell’appuntamento a Cipro era certamente uno dei più importanti dell’anno nella sua agenda.

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