Ucciso perché fa da paciere fra due immigrati

L’aggressore è finito in manette con l’accusa di omicidio volontario

Vittorio Macioce

da Modena

Il nome del locale ora sembra un paradosso: «Senza colore». È un circolo Arci, con ambizioni multietniche, in via Ramazzini, a Modena. Sono passate da poco le dieci e trenta di sera. Sul televisore Oba Oba Martins e Adriano festeggiano. Si è già oltre il novantesimo. L’Inter vince due a zero. Lo Shakhtar Donetesk è sconfitto. Tutti si alzano, c’è parecchia gente, molti nigeriani, qualche italiano. La birra va via come è normale. Kalid Abeulaz ha 29 anni, viene dal Marocco e qui è clandestino. Non ha più il permesso di soggiorno. È molto, molto ubriaco. Si avvicina al bancone. Vuole ancora da bere. Il gestore del locale è un nigeriano di 42 anni. Mette la birra sul tavolo e chiede i soldi. L’altro lo guarda, borbotta qualcosa e dice: «Non ho soldi, non pago». Comincia la discussione, che precipita subito in un litigio. Uno è infuriato, l’altro è ubriaco. Insulti, qualche spinta, molte urla. Qualche volta capita.
Rocco Satriani era lì, anche lui stava vedendo gli ultimi momenti della partita. Sente le urla, si avvicina. Cerca di mettere pace tra i due. Satriani è un uomo tranquillo. Ha 64 anni e da qualche tempo è in pensione. Anche lui ha conosciuto l’emigrazione, quella di un’altra era, quando erano i meridionali d’Italia a cercare fortuna e lavoro al Nord. Satriani viene da Potenza, dalla provincia. È nato lì, ma laggiù non è riuscito a morire. Il suo destino era fermarsi a Modena, come martire della concordia. È morto per mettere pace tra due immigrati, due stranieri.
Satriani si avvicina e Kalid Abeulaz, il marocchino, torna lucido. Si calma, si allontana ed esce dal locale. Sembra tutto finito qui. La televisione è ancora accesa, la partita è finita. Sullo schermo i giocatori tornano negli spogliatoi. Anche il barman nigeriano è tornato tranquillo. Non è un tipo litigioso ed ora vorrebbe stringere la mano al ragazzo che è appena uscito. «Voglio spiegargli le mie ragioni - dice - qui nessuno ha qualcosa contro di lui». Esce e raggiunge il marocchino. È la scelta sbagliata.
Appena si avvicina l’altro tira fuori il coltello. È un attimo, un colpo che sfiora il cuore. È un colpo veloce, ma non profondo. Il nigeriano è ferito ma ha la forza, la volontà, di correre, correre, il più lontano possibile. Si ferma solo dopo cento metri, quando si rende conto che nessuno lo insegue. La paura l’ha tenuto in piedi, ora stramazza a terra, con il sangue sul petto.
Cambio di visuale. Il dramma sta andando in scena da un’altra parte. Kalid Abeulaz, clandestino e senza ragione, torna davanti al circolo «Senza colore». È qui che vede Rocco Satriani, immigrato potentino, paciere senza fortuna. Basta un colpo all’altezza dello stomaco. La lama entra senza fatica. Il pensionato è a terra, in agonia. Morirà poco più tardi, dentro l’autoambulanza che lo stava portando in ospedale.


Quando arriva la polizia l’assassino è accucciato dietro un’auto in sosta con il coltello ancora in mano. La storia finisce qui. Un clandestino ha ucciso un pensionato, dopo aver litigato con un barman nigeriano. L’Arci modenese fa sapere che il circolo «resterà un punto d’incontro multirazziale».

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