Roma - Subito, nei prossimi giorni, l’azzeramento dei vertici. Presto, entro settembre, la nascita del nuovo partito di centro. «Né santi, né demoni. E basta con gli uomini della Provvidenza». Casini accelera, l’Udc si sta sciogliendo, Buttiglione si avventura a parlare del «nuovo» simbolo: «Sono affezionato alla scudo crociato, lo sapete». Ma gli alleati già cominciano a frenare. Fredda l’Api di Rutelli, preso alla sprovvista dalla mossa di PFC. Quasi ostili i finiani, che fanno sapere che il Fli comunque non si squaglierà nel nuovo contenitore. Non subito, almeno.
Basta sentire le parole di Italo Bocchino, basta vedere come il luogotente di Fini prenda discretamente le distanze. «Questo è un passaggio che riguarda soltanto l’Udc. Il progetto è comune, vogliamo creare un soggetto capace di superare gli steccati che hanno paralizzato la politica». Però, ripete, «quello di oggi è uno sviluppo tutto interno all’Udc». A Bocchino non piace nemmeno il nome, Partito della Nazione. «Preferisce Lista degli italiani, una lista civica di cittadini stanchi del bipolarismo muscolare». Quanto ai tempi, «le amministrative saranno un titolo di coda della vecchia politica, da lì si partirà per la fase embrionale della Terza Repubblica».
Embrionale, appunto. Restano da decidere, infatti, oltre al simbolo molte cose non secondarie. La linea di comando, la struttura del futuro partito, le alleanze. Il Fli mette paletti, non intende, sembra, andare oltre la confederazione.
Difficoltà, dubbi, malesseri di cui lo stesso Casini riconosce l’esistenza. «Capisco le esitazioni di partito, le paure che qui o là emergono nel Terzo Polo, l’esigenza di mantenere rassicuranti casacche del passato sempre più logore e prive di significato». Ma chiede «coraggio». «Oggi ciascuno è chiamato solo e semplicemente ad essere se stesso. Invito tutti ad essere lungimiranti». Intanto pure i vertici della Chiesa seguono con attenzione l’evoluzione del progetto ma di certo non sono arrivate «benedizioni» affrettate.
Pierfurby va avanti perché e i venti del qualunquismo rischiano di spazzate via tutto. «Non è il frutto di un complotto dei poteri forti, magari con l’aiuto o la strumentalizzazione del Grillo di turno, l’antipolitica è figlia dei continui fallimenti di una cattiva politica». Niente santi e nemmeno demoni, però «comportamenti in contraddizione con le difficoltà dei cittadino non sono più ammissibili». Così, per la terza volta nel giro di pochi, anni, il segretario dell’Udc Roberto Cesa azzera il suo vertice e Savino Pezzotta, presidente della Costituente di centro, annuncia una convocazione della direzione nazionale per dopo le elezioni amministrative. Sarà quella la sede in cui si deciderà la data del congresso che dovrà ratificare lo scioglimento. «Io lo farei prima possibile - dice Cesa - a giugno o a luglio. Al massimo a settembre, bisogna sbrigarsi e unire i moderati».
Dunque, cambiare pelle per sopravvivere. Udc e Terzo Polo - spiega Casini - sono stati essenziali per aprire una nuova fase della politica italiana. Oggi però sono palesemente insufficienti per la fase che ci attende». L’Idea è quella di «un movimento plurale che sappia unire il meglio della società italiana, che superi la frattura tra tecnici e politici, tra sindacalisti e imprenditori, che parli all’Europa un linguaggio nuovo ed esprima l’esigenza di una pacificazione nazionale».
Una melassa? Un’auto-candidatura al dopo-Monti. No, il Professore può stare tranquillo, giura Casini, se si è irritato per le conseguenze sul governo della «fuga in avanti» dell’Udc. Ora può rasserenarsi. «L’operazione di salvataggio dell’Italia è ancora in corso e nessuno può permettersi di sabotarla».
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