Gli uomini-jet scaldano i motori. E la pista cerca il suo Phelps

Domani la finale dei 100 metri: la corsa al titolo si preannuncia affare per pochi con Usain Bolt, Tyson Gay e Asafa Powell super favoriti

Gli uomini-jet scaldano i motori. E la pista cerca il suo Phelps

nostro inviato a Pechino
La grande madre di tutte le olimpiadi presenta subito il piatto forte: forza con i 100 metri e vediamo se le frecce dell’atletica riusciranno a far impallidire l’immagine del superman del nuoto: leggasi Michael Phelps. E chissà mai che anche i cronometri della pista non vadano così veloci come quelli della corsia. Almeno in questo servirebbe la par condicio. Però quest’anno, più che mai, nuoto e atletica si contenderanno il segno del comando. Normalmente non ci sarebbe gioco, l’atletica coinvolge un mondo più ampio, gli africani non sono ancora sbarcati in piscina, lo sforzo è più terribile, chi corre, salta, lancia spesso esce prosciugato da una gara. I nuotatori ne infilano una dietro l’altra, anche a distanza di pochi minuti.
Ecco perché val la pena accomodarsi e godersi lo spettacolo. Da vedere il trio dei supermen (salvo sorprese nelle qualificazioni avvenute stanotte). Niente di più elettrizzante della sfida che incoronerà l’uomo più veloce del mondo: due giamaicani e un americano sui blocchi. Ogni scommessa rischia di esser persa: Asafa Powell, Usain Bolt e Tyson Gay non ti lasciano certezza del pronostico. Bolidi neri come non se ne sono visti mai. Parlano i tempi, i personali raggrumati nel giro di cinque centesimi: Bolt tiene il record del mondo con 9”72, Powell gli sta alle calcagna con 9”74, Gay è fermo (si fa per dire) a 9”77. La Giamaica potrebbe ritrovarsi con un campione olimpico, 32 anni dopo Don Quarry (Montreal ’76) che correva forte (20”22) ma oggi sarebbe un accelerato. La facilità con cui questi tre vanno sotto i 10 secondi, e continuano ad abbassare il limite, fa pensare male. Altrimenti bisognerà prender atto che i marziani sono con noi. Di recente in Giamaica è stato beccato un velocista dopato. Non era famoso, ma poteva esserlo. I segreti dell’atletica sono infiniti. Come le sorprese.
Olimpiade dominata dalla tecnologia, anche l’atletica cercherà di adeguarsi. La pista promette buoni responsi ai velocisti. Merito dei materiali. Ci sono anche i nostri: Cerutti e Collio, ovvero l’importante è partecipare. Oggi le finali di peso e 10mila femminili. La finale dei cento nel pieno pomeriggio italiano di domani (ore 16.30), quando a Pechino saranno le 22,30. Ci prova anche l’Italia, poche medaglie all’orizzonte. Quarantanove atleti, qualche speranza. Il marciatore Schwazer, nella 50 km, la punta più accreditata della nostra spedizione. Franco Arese chiede di avere più finalisti di Atene (cinque) e di portare a casa qualcosa. L’atletica prima di Pechino era il secondo sport del medagliere azzurro di tutti i tempi (57 medaglie), ma è già stata scavalcata dal ciclismo (58) e rischia a lungo termine di vedersi avvicinare anche dal pugilato (41).
In gioco subito il nostro asso di spade: Andrew Howe domani sera proverà il lungo. Come sta? Chiara la risposta: «Boh!». Stavolta vola basso, almeno nelle parole. «Ho meno certezze dell’anno passato a Osaka. Il leit motiv?Prima vinco, poi parlo». Si sente leggero. Ma è una questione di peso. La mamma dice che ad ogni salto dovrà sentirsi spalle al muro. Senz’altra chance. Da giugno non prova la gara, la condizione è enigmatica. Come il futuro di quest’Italia. Ai Giochi di Atene conquistò tre medaglie (2 ori, 1 bronzo), qui rischia di vederne solo una. O forse nessuna.


L’Olimpiade dell’atletica cerca una stella che traini il movimento. Fra le donne la Isinbayeva non basta. Fra gli uomini ci vorrebbe un americano con discreto appeal. I giamaicani sono veloci, non stelle. L’Italia invece cerca lo stellone. Fortunato chi ci prende.

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