Più insidioso di quanto si pensi, il carcinoma della cervice uterina (i cui casi si sono moltiplicati negli ultimi vent'anni) è oggetto di studi in tutto il mondo. Si è appena conclusa la settimana europea di prevenzione di questo tumore con la presentazione a Verona di una monografia dedicata al papilloma virus (HPV), che è appunto la causa di questa patologia. Ne parliamo col professor Franco Borruto, co-autore del libro e cattedratico di endocrinologia.
«Oggi - dice - abbiamo un'arma in più: la vaccinazione; non bisogna tuttavia rinunziare alla prevenzione secondaria, cioè al pap-test, che ci permette di scoprire in tempo utile le lesioni pre-cancerose. Uno dei rischi maggiori è che le giovani donne - che sono le più colpite da questo tumore - si ritengano totalmente protette dal vaccino e ritengano il pap-test inutile. Bisogna evitare questo errore. La protezione offerta dai vaccini è importante ma previene il 70 per cento dei carcinomi della cervice uterina. Nei restanti 30 è quindi necessario continuare i controlli con il pap-test. Allo stato attuale i risultati hanno evidenziato che la protezione contro il papilloma virus del tipo 16 e 18 dura almeno sei anni e ci sono studi recenti - basati su modelli matematici - che fanno prevedere un effetto prolungato per alcuni decenni; ma restano scoperti trenta casi su 100».
La vaccinazione contro questo tipo di tumore è comunque preventiva e non terapeutica: non cura cioè le infezioni già presenti nelle adolescenti o nelle donne che hanno più di trent'anni; ma le evidenze sono nette: i vaccini riducono in maniera massiccia l'incidenza del carcinoma della cervice uterina e senza controindicazioni.
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