Caro Santo,
innanzitutto mi preme puntualizzare, per una questione di orgoglio lessicale, che il papa ha mutuato il termine frociaggine dal sottoscritto. Ne desumo che egli abbia letto il mio ultimo libro, I fascisti della parola, o che comunque mi segua con una certa assiduità. E lo ringrazio. Avrei gradito magari che mi citasse, eppure mi rendo conto che egli è avvezzo a ben più alte citazioni, direi altissime, bibliche. Del resto, a proposito di guerra, io e Francesco la pensiamo allo stesso identico modo: essa ha rotto le scatole; in fatto di fede, invece, non posso di certo assimilarmi al pontefice, il quale ha un rapporto cementato e privilegiato con Dio che io non posso assolutamente vantare. Io sono più terra terra. Mia moglie sostiene che io creda profondamente in Dio ma che non ne sia consapevole. E sai cosa si dice? Le mogli non si contraddicono, pare che abbiano ragione persino quando hanno torto. Il torto è dei mariti. Ed ecco che ho elencato i due principi cardine del matrimonio. Ad ogni modo, tornando a noi e alla tua richiesta, io sono convinto che papa Francesco abbia fatto cosa buona e giusta. I seminari non possono essere «refugium frociorum», eppure sembra che essere gay sia uno dei prerequisiti essenziali per accedervi. Bene, potevo capire questa scelta («Sono frocio, quindi mi faccio prete») una volta, ma oggi di essere omosessuali si è totalmente liberi, anzi, si viene persino incoraggiati ad esserlo, fa figo, stando alla sinistra, dunque non vedo perché un ragazzo omosessuale debba considerare questo il percorso ideale o l'unico possibile per vivere in santissima pace. Forse per pescare meglio? E per «pesca» non mi riferisco a quella con amo e lenza o con la rete. Ci siamo intesi, dai. È soltanto la fede e quindi la chiamata di Dio, così viene definita la vocazione, a dovere indurre un individuo a vestire la tonaca.
Tuttavia, mi domando come possano i vescovi, in un periodo storico in cui la vocazione è scarsa e pochi giovani sono allettati all'idea di condurre una esistenza di tipo clericale, selezionare gli aspiranti sacerdoti tenendo conto delle loro tendenze sessuali e applicando un criterio di cernita che decimerebbe il numero dei potenziali seminaristi. Inoltre, come si fa a vagliare che un soggetto sia frocio o meno? Egli può nasconderlo, negarlo, non esserne ancora pienamente cosciente, ovvero negare a se stesso tale natura, per una questione di educazione. Si rischia di discriminare sulla base di un parametro di tipo sessuale. Se dovessimo eliminare dalle chiese di tutto il mondo i preti gay, almeno la metà di queste resterebbe incustodita.
Magari Francesco avrebbe dovuto semplicemente esortare i vescovi a sondare con maggiore scrupolo l'effettiva sussistenza di una propensione a condurre una esistenza di rinunce, moderata, modesta, dedicata a Dio e ai fedeli, tenendo a bada le pulsioni (cosa per me è folle e priva di senso). Che poi un seminarista sia frocio o meno poco importa quando la sua scelta di frequentare e vivere in seminario è dettata dal desiderio di congiungersi a Dio e non al collega di cella.
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