
Alle sei del mattino di lunedì 21 aprile il risveglio. Alle sette un malessere improvviso. Poi, la perdita di conoscenza, il coma e infine il collasso cardiocircolatorio. Così è morto Papa Francesco, all’età di 88 anni, nel suo appartamento a Casa Santa Marta. Ufficialmente, la causa è «ictus cerebri, coma e collasso cardiocircolatorio irreversibile». Ma dietro quella formula medica c’è molto di più: un corpo logorato da anni di sofferenza, una lunga convivenza con patologie croniche, e una polmonite polimicrobica che potrebbe aver accelerato il declino.
L’ictus e il suo legame con l’infezione
"L’ictus che ha colpito il Papa è strettamente correlato alla sua infezione respiratoria, complessa e a un quadro di comorbidità", afferma Matteo Bassetti, direttore di Malattie Infettive al San Martino di Genova. "Mi dispiace essere in disaccordo con alcuni colleghi che non hanno ricordato il legame tra le infezioni e l’ictus: diversi lavori scientifici pubblicati su riviste internazionali come Stroke, dicono che chi ha avuto o ha in corso una infezione rischia cinque volte di più di avere un ictus."
Il riferimento è alla lunga battaglia che Francesco ha condotto contro una polmonite bilaterale multimicrobica, diagnosticata nei mesi scorsi. Secondo Bassetti, "quello che ha colpito il Papa, e nessuno può provarlo se non con un’autopsia che non faranno, possiamo dire che è stato una patologia ictale, una condizione neurologica che si verifica quando un’area del cervello non riceve più sangue e ossigeno, causando danni ai tessuti cerebrali".
"È molto probabile – conclude – che il tutto sia stato correlato all’infezione polimicrobica ai polmoni che aveva colpito il Santo Padre. Proprio l’infezione del Papa aveva anche una carica fungina, e l’aspergillus ha una capacità distruttiva dei vasi, anche cerebrali, molto alta. Ha un potere angiogenetico: si formano nuovi vasi, che poi si rompono".
Un corpo stanco e predisposto
Papa Francesco era diabetico, iperteso, con una mobilità gravemente ridotta e una storia clinica segnata da gravi episodi respiratori. Una condizione che rendeva il suo corpo particolarmente vulnerabile. Lo sottolinea anche Francesco Blasi, pneumologo e docente all’Università degli Studi di Milano:
"Ha avuto le complicanze a distanza tipiche di una polmonite grave in un soggetto anziano. L’infiammazione generalizzata data da una polmonite bilaterale come quella che ha avuto il Pontefice predispone a complicanze cerebrovascolari e cardiovascolari. Nei tre mesi successivi all’evento c’è un rischio che, a 88 anni, è intorno al 40% di avere una problematica cardiovascolare o cerebrovascolare."
"Apparentemente – continua Blasi – c’è stato un ictus. Poi la morte avviene sempre per arresto cardiaco. Le problematiche dopo la polmonite ci sono. La mortalità dopo la dimissione esiste, ed è perlopiù di origine cerebrovascolare o cardiovascolare, o entrambe".
La sequenza fatale
Massimo Andreoni, direttore scientifico della Simit (Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali), aveva chiarito la dinamica: "Il Santo Padre, dopo essersi alzato, ha perso conoscenza. Poi ha avuto una successiva insufficienza cardiaca grave e irreversibile".
“Al Papa non è arrivato più sangue al cervello, il perché non lo sappiamo, ma questo ha causato la sua perdita di coscienza e lo stato comatoso”, ha proseguito Andreoni. “Da lì, l’insufficienza cardiaca terminale. Per me è stato eroico. Sapeva di avere la strada segnata eppure non si è mai risparmiato. Fino all’ultimo è andato in piazza San Pietro, tra i fedeli, pur essendo cosciente che rischiava grosso", ha concluso
Il peso dell’età e delle patologie
Come ricorda la neurologa Francesca Romana Pezzella, "l’ictus può essere ischemico o emorragico. Nel caso del Papa, l’ipotesi è quella dell’ictus emorragico, che nella prima ora è accompagnato da un elevato rischio di morte". "L’incidenza dell’ictus raddoppia per ogni decade dopo i 55 anni. È molto importante la storia personale: l’ipertensione, il diabete, l’immobilità sono fattori cruciali. E Bergoglio li aveva tutti", ha rimarcato Pezzella.
Sintomi come difficoltà di parola, debolezza degli arti, paresi facciale possono annunciare l’evento. Ma in molti casi, specie nei soggetti molto anziani, l’ictus si manifesta senza segnali evidenti e progredisce troppo velocemente per permettere un intervento tempestivo.
Un male democratico e devastante
L’ictus è la seconda causa di morte al mondo, la prima di disabilità tra gli adulti. Ogni anno, in Italia, si contano quasi 200.000 casi, e il 75% dei sopravvissuti subisce qualche forma di disabilità. Dopo i 65 anni, le probabilità salgono in modo esponenziale.
È una patologia "tempo-dipendente", come spiegano gli specialisti: "Ogni secondo conta. Le possibilità di recupero sono inversamente proporzionali al tempo che passa tra i sintomi e il trattamento", ribadisce Pezzella. E aggiunge: "È sbagliato farsi accompagnare in ospedale da parenti: bisogna chiamare subito i soccorsi, perché la cura inizia già durante il trasporto con i mezzi attrezzati".
Il cuore e il cervello del Papa si sono spenti insieme
Nell’atto ufficiale, redatto dal direttore della Direzione di Sanità e Igiene vaticana Andrea Arcangeli, si certifica: "ictus cerebrale, coma, collasso cardiocircolatorio irreversibile in soggetto affetto da pregresso episodio di insufficienza respiratoria acuta in polmonite bilaterale multimicrobica, ipertensione arteriosa, diabete di tipo II".
In definitiva, la morte di Papa Francesco è stata il risultato di un equilibrio già
fragile, incrinato da troppe variabili. Un uomo provato, che ha affrontato la sofferenza senza mai smettere di apparire tra la gente. Fino all’ultimo. Fino a quando il suo cuore e il suo cervello hanno smesso di combattere.
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