Veuve Cliquot 200 anni di vita in rosa

U n privilegio assoluto. Questo è stato partecipare alle celebrazioni per i duecento anni del rosé di Veuve Clicquot, una delle maison più importanti del vino iconico per definizione, lo Champagne. Fu infatti Nicole Barbe Ponsardin vedova Clicquot - la mamma dello Champagne come Don Pierre Perignon fu il papà - a decidere nel 1818 che una versione rosa del vino con le bolle che iniziava a incantare il mondo si sarebbe ottenuta non più dall'aggiunta il succo di sambuco (roba impensabile al giorno d'oggi) ma con l'aggiunta di vino rosso. Nella fattispecie il Pinot Noir prodotto a Bouzy e poi anche in altra aree della Champagne.

Il viaggio nei due secoli dello Champagne Rosé targato VC è partito nell'affascinante Hôtel du Marc, al centro di Reims, con la degustazione di alcuni «vin claires», i vini base che finiranno per comporre, in proporzioni ogni anno diverse secondo il pensiero dello chef-de-cave Dominique Demarville di riprodurre intatto lo stile della maison, la cuvée del Rosé VC. Poi ci siamo spostati nel Clos Colin a Bouzy (nella foto), tempio di un Pinot Noir nervoso e ieratico, di cui abbiamo assaggiato il 2016, il 2015, il 2012. Infine il momento più emozionante: la degustazione di sette annate storiche del Cave Privée Rosé. Un viaggio in tre quarti di secolo di un vino straordinario, che ha potuto esibire espressioni ed emozioni differenti come il volto di una grande attrice.

Ci hanno conquistato in particolare la 1961, un quasi sessantenne ancora piroettante ancorché profondo e sinfonico (un vino hors catégorie in senso assoluto, un assaggio come capita al massimo dieci volta in una vita di degustazioni); il vibrante 1989 e il sontuoso 1979. Ma anche il 1990, il masticabile 1985, l'enigmatico 1978 e il memorabile 1947 restano nel cuore e nella testa. Per tutto il resto c'è La Grand Dame Rosé 2006. Meno storia ma altrettanto piacere.

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