Silvia Marchetti
da Roma
Nella bufera estiva sulle intercettazioni, scatenata dal «caso Antonveneta» e approdata al «ti amo» spedito via sms da Anna Falchi al marito Stefano Ricucci, il grande assente è proprio il garante della privacy. Secondo il professore Gaetano Rasi - ex componente dellAuthority preposta alla tutela dei dati personali - il garante Francesco Pizzetti doveva intervenire contro le pubblicazioni sui giornali delle «parti private» delle conversazioni telefoniche, nelle quali venivano riportati fatti e persone terze estranee alle inchieste in corso. Insomma, Anna Falchi e la ruota bucata del fratello; Flavio Briatore, Simona Ventura e limitazione di Ricucci «ostacolata» dallimmobiliarista non rientrano nel «caso Antonveneta» o nella scalata a Rcs. A differenza delle conversazioni tra i «concertisti» e il governatore di Bankitalia Antonio Fazio. Un conto è il «bacio telefonico» di Fiorani a Fazio, un altro quello «telematico» della Falchi a Ricucci. «Il Garante avrebbe dovuto emanare un provvedimento di blocco indirizzato sia allautorità giudiziaria competente dellinchiesta sia agli organi di stampa - spiega Rasi - impedendo così successive pubblicazioni relative a fatti e persone terze. Siamo in presenza di un illecito, cè stata una violazione del codice per la protezione dei dati personali e il garante doveva intervenire di sua iniziativa, censurando tutti gli elementi che non rientrano nelle indagini e che violano la privacy».
LItalia è il grande intercettato dEuropa, come dimostrano i dati sul numero di rilevazioni. Dato il primato, è inevitabile dunque che i «chip» telefonici captino di tutto e di più. Rasi concorda dunque con la proposta contenuta nel futuro ddl a cui il presidente Berlusconi sta dedicando le sue vacanze e che a settembre approderà in parlamento: stralciare dagli atti resi pubblici e quindi accessibili ai media, le parti delle intercettazioni relative a fatti e persone estranei allinchiesta. «È necessario che il testo delle intercettazioni, prima di essere depositato in cancelleria - spiega Rasi - sia depurato di qualsiasi elemento che non rientra nelloggetto dellindagine». Lerrore sta dunque a monte: «Lautorità giudiziaria che ha depositato gli atti delle rilevazioni telefoniche non ha provveduto allo stralcio», venendo meno alla funzione di «filtro». I giornalisti, dunque, si sono limitati a «utilizzare» ciò che era a loro disposizione e non più coperto dal segreto istruttorio.
Una volta ricevuto il «blocco» del Garante, lautorità giudiziaria dovrà provvedere a rimuovere dallarchivio dellinchiesta gli atti «illeciti» e stralciare le «parti private» dalle nuove intercettazioni. Qualora «non si ottemperasse al provvedimento - conclude Rasi - si incorre in una denuncia penale che va dalla multa alla reclusione». Che ci sia stata una «manchevolezza» sia da parte della magistratura sia dei giornali, Rasi non lo mette in dubbio.
Ma in tutta questa storia ciò che colpisce il professore è «linerzia del Garante» che avrebbe dovuto vigilare sulluso dei dati personali e non lo ha fatto. «LAuthority non si muove o fa finta di muoversi, avviando indagini generali sulluso delle intercettazioni.
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