Libreville (Gabon) - "Violenti combattimenti" che oppongono le truppe ribelli e le forze governative del Ciad proseguono nel Ciad e sono in corso vicino ad Abeche, nell’est del Paese, non lontano dalla zona dove le due fazioni in guerra si si sono scontrate ieri: lo annunciano i guerriglieri in un comunicato inviato ad Afp a Libreville.
Secondo un bilancio provvisorio dell’esercito del Ciad, ieri sono rimasti uccisi negli scontri vicino alla località di Am-Deressa, sempre nell’est, 125 ribelli e 21 militari, per un totale di 146 morti. Le forze governative, inoltre, rivendicano di aver fatto 152 prigionieri di guerra, inclusi un comandante in capo e un capo-squadrone dei ribelli, oltre ad aver distrutto 73 veicoli e ad averne sequestrati 67.
Offensiva per conquistare la capitale I ribelli entrati in Ciad dal Sudan il 4 maggio, ieri hanno tentato di avanzare verso la capitale N’Djamena con l’intenzione di rovesciare "il regime dittatoriale" del Presidente Idriss Deby. Ci sono stati scontri tra ribelli ed esercito a nord di Goz Beida, località situata a 70 chilometri di distanza dal confine con il Sudan. Nata il 18 gennaio scorso, l’alleanza dei ribelli Unione delle forze della resistenza (Ufr) si presenta come un "movimento unito con un’unica direzione politica e militare", dopo anni di divisioni e contrasti che avevano portato alla formazione di nove diverse fazioni. "L’Ufr non è nata per discutere tra di noi. Lo scontro con Deby è diventato ineluttabile", ha sottolineato il portavoce del movimento, Abderaman Koulamallah, solo poche ore prima dell’avvio dell’offensiva. Le divergenze e le ambizioni personali che avevano diviso l’opposizione sono state risolte lo scorso gennaio con l’adozione di un’unica direzione e l’insediamento alla presidenza di Timan Erdimi. Proprio le divisioni interne all’opposizione avevano decretato il fallimento della precedente offensiva lanciata su N’Djamena nel febbraio 2008, quando i ribelli giunsero alle porte del palazzo presidenziale, ma vennero poi respinti dalle forze francesi intervenute al fianco delle autorità ciadiane. Prima dell’intervento francese, Deby aveva respinto l’offerta di Parigi di lasciare il Paese, approfittando poi delle divisioni dei suoi avversari per rimanere al potere.
Il movimento dispone di missili terra-aria, secondo uno dei suoi capi, necessari per «abbattere elicotteri» e rispondere alla forza aerea dell’esercito ciadiano. "Viste le forze in campo, lo scontro rischia di essere sanguinoso - dice un ribelle - sarà molto, molto più violento degli ultimi attacchi. È triste, ma bisogna farlo per rovesciare il regime dittatoriale di Deby". Secondo una fonte militare francese, "anche Idriss Deby dispone di aerei di caccia e nuovi elicotteri. Ha anche organizzato un sistema difensivo molto più efficace rispetto al febbraio 2008".
.La situazione preoccupa molto le agenzie umanitarie: il Programma alimentare mondiale (Pam) ha annunciato di aver sospeso la distribuzione di cibo a Goz Amir, mentre l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr) ha ridotto il suo personale a Koukou Angarana. Entrambe le località sono vicine Goz Beida. La comunità internazionale si dice preoccupata per gli sviluppi della situazione sul terreno, mentre il ministro degli Esteri di N’Djamena, Moussa Faki Mahamat, ha chiesto all’Onu e all’Unione africana (Ua) di condannare una «evidente azione di aggressione, di grande portata», attribuibile al Sudan.
L’Ua e la Francia hanno invitato N’Djamena e Khartoum a rispettare gli accordi firmati negli ultimi anni, rimasti sempre lettera morta, mentre le Nazioni Unite hanno sollecitato "tutte le parti a rispettare il carattere umanitario delle operazioni
dell’Onu e delle ong nell’est del Ciad e ad astenersi dal dispiegare forze in zone in cui sono in atto operazioni umanitarie sono egida della Minurcat", la missione Onu presente in Ciad e Repubblica Centrafricana.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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