Violenze del professore, nel mirino finisce il liceo: "Ostacoli all’inchiesta"

Al Beccaria. Molestie a scuola: docente condannato a 2 anni e 4 mesi Il gup: dalla preside nessuna denuncia, prove inquinate

Il pretesto era quello delle ripetizioni. La ragazza va male in greco? Il professore può darle una mano. Magari, con un’ora di lezione privata. In un’aula vuota. O a casa sua. Lontano dagli altri alunni. E vicino, molto vicino, alle sue studentesse. Così, l’insegnante del liceo Beccaria - accusato di aver molestato due 17enni - è stato condannato ieri con rito abbreviato a due anni e 4 mesi di reclusione per uno solo dei due episodi emersi nel corso delle indagini, oltre a un risarcimento complessivo di 25mila euro. Il docente, infatti, è stato assolto per una presunta violenza contestata dal pm Marco Ghezzi (che aveva chiesto una condanna a 5 anni e mezzo) e risalente al gennaio di tre anni fa. Insufficienza di prove. Il gup Simone Luerti, però, ha disposto che la Procura indaghi sul motivo per cui la direzione scolastica dell’istituto, una volta venuta a conoscenza dei fatti, non li ha denunciati all’autorità giudiziaria, tentando invece di insabbiare il caso e inquinando così le prove.
Il silenzio nel quale era avvolta l’intera vicenda viene rotto nel marzo dell’anno scorso. Quando una studentessa del Beccaria decide di informare la preside delle «abitudini» del suo insegnante. Scrive una lettera in cui racconta che l’uomo - oggi 62enne - l’aveva portata in un’aula vuota mentre il resto della classe seguiva l’ora di religione, con la scusa di affrontare il problema dello scorso rendimento in greco. Lì - spiega la giovane - l’insegnante l’aveva prima abbracciata, poi le aveva sussurrato varie oscenità. A quel punto la ragazza era fuggita dalla stanza, evitando che le avance prendessero una piega anche peggiore. Scoprendo, però, di non essere l’unica vittima. Perché una seconda minorenne ha denunciato il docente per un incontro del gennaio 2007. Il professore, stando a questa testimonianza, avrebbe avvicinato prima il padre della ragazza, dicendosi disponibile a darle ripetizioni a titolo gratuito. Al termine di tre lezioni, avrebbe invitato la 17enne nella propria abitazione per un caffè mentre la moglie era assente. Lì l’insegnante l’avrebbe abbracciata, accompagnando ancora una volta le molestie a frasi imbarazzanti.
Dopo la denuncia, la preside del liceo in un primo momento aveva deciso di sospendere in via cautelare il docente sotto accusa, accantonando poi l’idea: la studentessa - era la tesi della direttrice - non aveva testimoni. Quindi aveva consigliato al professore di mettersi in malattia. Nel frattempo si era rivolta all’Ufficio scolastico provinciale, che aveva avviato un’ispezione, senza però segnalare niente alla Procura. Il provvedimento di sospensione dell’insegnante quindi, era stato preso dal gip, mentre alla notizia dell’inchiesta, una donna oggi 41enne si era presentata dal pm, raccontando di essere stata a sua volta plagiata dal professore nel 1982, quando lei frequentava il ginnasio. Troppo tardi: quella violenza, anche fosse provata, ora comunque è prescritta.
Chiusa la vicenda degli abusi sessuali, si apre quella dell’omertà della scuola.

Perché, si chiede il giudice, la preside non denunciò l’accaduto? Contro quel muro di gomma, nei mesi scorsi, si era scagliato lo stesso Ghezzi. «Da questa vicenda - aveva detto - emerge la carenza di tutela da parte degli insegnanti, che hanno l’obbligo di proteggere gli alunni. Chi era a conoscenza della situazione non ha parlato».

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