I dipendenti vaticani all'attacco: "Pensioni a rischio"

Documento di fuoco dell'Associazione Dipendenti Laici Vaticani che chiede trasparenza sul bilancio e dice "no" ai tagli al personale

I dipendenti vaticani all'attacco: "Pensioni a rischio"

Una volta ottenere un lavoro in Vaticano rappresentava un traguardo agognato da molti, garanzia di posto fisso e solida premessa per metter su famiglia. Per qualcuno evidentemente non deve essere più così. A distanza di pochi mesi dalla notizia di una class action dei dipendenti dei Musei Vaticani, all'interno delle Sacre Mura fa rumore una nuova iniziativa di lavoratori vaticani non contenti del trattamento a loro riservato e più in generale della gestione finanziaria.

La denuncia

Un documento fortemente critico è stato pubblicato nei giorni scorsi dall'Associazione Dipendenti Laici Vaticani (ADLV). Si tratta dell'organizzazione di rappresentanza dei lavoratori laici della Santa Sede e dello Stato della Città Vaticano nata nel 1979 e riconosciuta come tale da Giovanni Paolo II nel 1982 che la menzionò anche nella Costituzione Apostolica Pastor Bonus, pur specificando che "non risponde (...) alla dottrina sociale della Chiesa lo slittamento di questo tipo di organizzazioni sul terreno della conflittualità a oltranza o della lotta di classe; né esse debbono avere impronta politica o servire, palesemente o occultamente, interessi di partito o di altre entità miranti a obiettivi di ben diversa natura". Da tempo tra le fila dell'associazione serpeggia malumore e poco dopo la festa dell'Assunta è esploso in un testo che sembra voler mettere in evidenza le presunte contraddizioni tra i principi propugnati nel magistero del Papa e le conseguenze concrete delle riforme economiche. Scrivono i dipendenti: "a partire dal motu proprio Fidelis dispensator et prudens, il Vaticano ha iniziato a prestare una particolare attenzione all’economia, tratto ormai dominante in tutte le attività della res vaticana (...) ma, ci chiediamo: c’è una reale attenzione alla “persona umana”? Il nostro interesse è anche tutelare l’immagine della Santa Sede, minata, purtroppo, negli anni scorsi da scandali". L'associazione punta l'indice sulle riforme finanziarie più volte rivendicate negli anni del pontificato di Francesco, scrivendo che "oggi a fronte dell’investimento di risorse effettuato, quali sono i risultati di questa “rivoluzione”? Non lo sappiamo di preciso in quanto, da qualche anno, i dati di bilancio – che un tempo venivano commentati in conferenza stampa – non vengono pubblicati. Non perdiamo la speranza di poter visionare il prossimo bilancio consuntivo 2023". Un'accusa nemmeno troppo velata, dunque, di scarsa trasparenza.

Contro i tagli

I dipendenti vaticani sono alle prese da qualche anno con il blocco delle promozioni e dei conseguenti adeguamenti salariali. Nel marzo del 2021 Francesco ha promulgato il motu proprio circa il contenimento della spesa per il personale della Santa Sede, del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano e di altri Enti collegati. Un documento che invitava il personale a tirare la cinghia e che ha fatto scattare la sospensione della maturazione degli scatti biennali di anzianità. La ADLV lo ha definito "un provvedimento non indolore, costato migliaia di euro al dipendente, con significativa ricaduta su pensioni e liquidazioni" che non è riuscito "a dare una svolta radicale alla situazione finanziaria della Santa Sede". Il timore dei dipendenti vaticani è che dopo lo stop dei bienni si possa arrivare ad una "cura dimagrante" anche sulle pensioni. La nota dell'associazione parla chiaro: "Cosa ci dobbiamo aspettare dall’annunciata riforma delle retribuzioni? Si interverrà anche sulle pensioni? L’ADLV non ne è stata messa ancora al corrente. Ovviamente l’ADLV non è disposta a rimanere indifferente qualora venissero adottati provvedimenti ulteriormente penalizzanti per i dipendenti". L'associazione, d'altra parte, non è un sindacato e in Vaticano prevale l'idea che non sia un dovere, nè legale nè morale, trattarla come una controparte. Ma i dipendenti scontenti hanno alzato anche la voce per denunciare l'esistenza di un doppiopesismo laddove scrivono che "vediamo che continuano, per pochi, ad essere date promozioni e incarichi alle direzioni: azioni che vanno ad incidere sui bilanci e che non sempre avvengono con criteri di meritocrazia".

No all'esternalizzazione

Un altro tema che preoccupa i dipendenti è la tendenza all'esternalizzazione in diversi settori. Questa novità viene definita dall'ADLV "un radicale cambiamento di rotta: da ristretta comunità ispirata ai valori del Vangelo, desiderosa di sottolineare agli occhi del mondo la propria particolarità, ad azienda a tutti gli effetti", con l'accusa di trasformare la Santa Sede in una "multinazionale un po’ claudicante, che manca di molti bonus, premi e gratificazioni di cui godono invece i dipendenti esterni". La presa di posizione pubblica dell'associazione arriva dopo la mancata risposta a diverse richieste di confronto. Il testo, in effetti, si è chiuso con una lamentela esplicita: "Se qualcuno rispondesse con chiarezza alle nostre domande, sarebbe per noi più semplice tranquillizzare i nostri associati, sempre più preoccupati. Abbiamo chiesto ulteriori riscontri ai nostri Superiori. Qualcuno ci risponderà prima dell’Assemblea Generale di settembre?". In base a quanto si apprende, tra i destinatari delle proteste ci sarebbe il cardinale Fernando Vérgez Alzaga, presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano. Ma i dipendenti vaticani hanno soprattutto il "dente avvelenato" con la Segreteria per l'Economia a cui viene addebitata la responsabilità dell'odiata sospensione dei bienni di anzianità.

Anche se l'immagine del lavoratore vaticano che resiste nell'opinione pubblica potrebbe far apparire questa battaglia come una difesa di retaggi del passato anziché di diritti acquisiti, si tratta di una nuova "gatta da pelare" per il Papa che nei suoi atti più si è esposto contro l'ingiustizia sociale.

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