da New Delhi
I Gurkha indiani sono di nuovo sul piede di guerra. Il paradiso del tè, Darjeeling, con i suoi panorami mozzafiato degli ottomila himalayani e il trenino dell'Unesco, è tagliato fuori dal resto dell'India per una serrata proclamata dai separatisti del Gorkha Janmukti Morchia (Fronte di Liberazione Popolare Gorkha) che si batte per la creazione di un entità autonoma separata nel Nord del Bengala. È una vecchia rivendicazione che ha radici nell'Ottocento quando i britannici usavano territori e popolazioni come figurine per il «Great Game». Fatto sta che in questo lembo di terra, schiacciato tra Nepal, Bhutan e a Nord dall'ex regno buddista del Sikkim, vivono circa un milione di Gurkha o Gorkha, un'etnia nepalese che proviene dall'omonima città nel Nord del Nepal e che sono conosciuti in tutto il mondo come i più fieri e coraggiosi mercenari al servizio della Corona britannica. Con il loro caratteristico cappello sulle ventitrè e il pugnale chiamato «kukri», con alla base il simbolo della dea della distruzione Khali, che oggi le donne usano per cucinare, i Gurkha sono stati impiegati nelle zone più calde del pianeta, dall'Afghanistan alle Falkland. Lo fanno non tanto per eroismo - come potrebbero far credere il loro grido di guerra «Meglio morire che essere codardo» e la leggenda che il loro pugnale deve essere sporco di sangue prima di essere inguainato - quanto molto più semplicemente per sfamare le loro famiglie. Come per gli sherpa, altra comunità nepalese alle pendici dell'Everest, anche i Gurkha, la «gente delle colline», hanno un passato, e purtroppo anche un presente, di miseria nera.
Ma il discorso dell'India è diverso perché, da quando sono stati inglobati nel Raj britannico, soffrono una sorta di crisi di identità. Sono nepalesi per tratti somatici, lingua, cultura e religione, ma non sono cittadini di Katmandu e non hanno nulla a che vedere con i bengalesi che hanno una propria lingua e rappresentano l'élite intellettuale indiana.
La serrata proclamata qualche settimane fa e che ha provocato un esodo traumatico di migliaia di turisti dalle pensioni di Darjeeling ha radici lunghe e complesse. Il capo della rivolta si chiama Bimal Gurung ed è un fuoriuscito del movimento indipendentista che a metà degli anni Ottanta organizzò una ribellione in cui morirono 1.200 persone. Il bagno di sangue servì ad ottenere una sorta di autonomia limitata, che è però fallita qualche anno fa, tra corruzione e faide interne. Le richieste - respinte seccamente dal governo di New Delhi e dal capo dello stato del Bengala Occidentale, Buddhadeb Battacharjee, il «Bhudda Rosso», il leader comunista da 30 anni al potere e ammiratore del modello di sviluppo cinese - sono per formare un nuovo stato, Gorkhaland, comprendente quasi tutti i distretti fino al confine con l'Assam e che sarebbe il ventiseiesimo stato dell'Unione Indiana.
Basta guardare la cartina del subcontinente per rendersi conto che il Bengala Occidentale ha un'assurda propaggine himalayana che rappresenta anche l'unico punto di accesso al turbolento Nord-Est. La regione è rinomata per le piantagioni di tè e per una miscela che è una delle più pregiate e costose al mondo. Dopo la crisi di qualche anno fa i «tea garden» che impiegano decine di migliaia di donne Gurkha si sono ripresi grazie agli investimenti delle multinazionali. Ma il blocco prolungato dei trasporti verso i centri di stoccaggio di Calcutta, ora che è pronto il secondo raccolto, rischia di far diminuire produzione del 20 o 30 per cento secondo alcuni esperti. L'altra considerevole risorsa è il turismo. Fin dalla Compagnia delle Indie Orientali che aveva Calcutta come centro amministrativo, Darjeeling era la «Cortina d'Ampezzo» degli inglesi e ora lo è diventata per i ricchi bengalesi che durante l'estate fuggono la calura della piana gangetica. Secondo gli autonomisti del Gorkha Janmukti Morchia non c'è stato alcun beneficio per la vallata che è rimasta a margine dello sviluppo registrato nel resto del Bengala Occidentale.
Ma la rivolta dei Gurkha indiani è anche una lotta per avere un'identità politica separata da quella dei nepalesi a cui vengono associati dal resto della popolazione indiana.
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