Vogliono avvicinare Olindo e Rosa

Olindo Romano e la moglie Rosa Bazzi, condannati all’ergastolo dalla corte d’Assise di Como per la strage di Erba, potrebbero scontare la pena nello stesso carcere. La motivazione del giudice: "non hanno mai dato alcun problema" 

Vogliono avvicinare Olindo e Rosa

Milano - Olindo Romano e la moglie Rosa Bazzi, condannati all’ergastolo dalla corte d’Assise di Como per la strage di Erba, potrebbero scontare la pena nello stesso carcere. È quanto potrebbe accadere dopo la decisione iniziale di separare i coniugi. Lei è attualmente detenuta a Vercelli, lui dopo una prima "tappa" a Piacenza si trova dietro le sbarre dell’istituto penitenziario di Parma.

La decisione del giudice Nadia Buttelli, giudice di sor­veglianza di Reggio Emilia (competen­te per il carcere di Parma) chiede di conoscere le ragioni per cui la coppia venne allontanata dal carcere di Como do­ve non erano mai segnalati proble­mi e chiede che ai due siano ga­rantiti i colloqui, fino ad oggi svolti senza continuità. Nel provvedimento, datato primo settembre scorso, il giudice dispone l’acquisi­zione delle motivazioni che hanno determi­nato la separazione carceraria, iniziata il 23 dicembre scorso, dei due condannati all’ergastolo. Una decisione che arriva in seguito a una serie di relazioni sullo stato dei detenuti: lei in preda a crisi depressive, lui sempre più ansioso e cupo. Per i due il desiderio di una "cella matrimoniale" chiesta più volte da Olindo durante le udienze del processo potrebbe diventare realtà.

Una doppia istruttoria "Il magistrato di sorveglianza ha chiesto al Dap, il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, di conoscere i motivi - spiega Fabio Schembri, legale di Olindo Romano - del trasferimento dei due detenuti dal carcere di Como". Una decisione che, sottolinea l’avvocato è legata a "motivi di ordine e sicurezza", ma che non trova ulteriori spiegazioni. Parole troppo generiche per motivare la scelta e che hanno portato il giudice di sorveglianza ad 'aprire' una doppia istruttoria: "Da un lato ritenendo motivato il reclamo della difesa e quindi chiedendo al Dap le motivazioni della decisione, dall’altro chiedendo di garantire i diritti dei detenuti", sottolinea Schembri. Una separazione presa dalla direzione centrale contro il parere della direzione carceraria della Lombardia, che potrebbe non essere definitiva.

Inoltre, spiega l’avvocato dell’ex netturbino "il giudice ha chiesto di garantire i colloqui tra i due coniugi, che talvolta si svolgono ogni 15 giorni o una volta al mese". Ancora nessuna novità, invece, per la data dell’inizio del processo d’appello. 

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