Vogliono fondare la banda del ribaltone

Di Pietro propone a Fini un patto giustizialista, Bersani chiama gli scontenti del Pdl, l’Udc punta sul proporzionale. Gli avversari del premier fanno fronte comune sotto il vessillo dell’antiberlusconismo. Obiettivo: far cadere il governo

Si parte dalla P3 per arriva­re al «Pr», il partito del ribalto­ne. Il tallone d’Achille su cui lavorano gli avversari, vecchi e nuovi, del Pdl berlusconia­no, è la giustizia. Dietro il ves­sillo della questione morale nel Pdl si cuciono intese, si lanciano appelli per inedite alleanze in chiave anti Cav, cavalcando inchieste giudi­ziarie che ipotizzano logge politico-finanziarie, trame oscure che richiederebbero quindi un colpo di reni legali­tario garantito da una pattu­glia di uomini probi e intonsi. Così Antonio Di Pietro chia­ma Gianfranco Fini per un patto giustizialista contro le forze della «illegalità e della impunità», Pier Luigi Bersani chiama tutti quelli a «disa­gio » nel Pdl «affinché non si accettino più vincoli di mag­gioranza sui temi della legali­tà e della democrazia », Pena­ti chiede «un’azione comune in Parlamento», e dentro il Pdl i dissidenti - non finiani tout court - come Beppe Pisa­nu, parlano la stessa lingua quando chiedono che «gli uo­mini di buona volontà si uni­scano per arrestare un decli­no che può portarci alla deri­va ». Il partito del ribaltone ha confini difficili da disegnare con una linea netta. Dentro quest’area indistinta si muo­ve il giustizialismo feroce dei Di Pietro, quello più istituzio­nale dei Fini, dei Pisanu e di tutti gli aspiranti terzopolisti, e poi certe nostalgie centrist­e­democristiane che vedono di buon occhio un ritorno al pro­porzionale. Il disegno invece è più chiaro: un ribaltone. Un’operazione di ingegneria parlamentare che sovverti­rebbe gli attuali equilibri tra maggioranza e opposizione e schiuderebbe le porte a una nuova coalizione, a cui forse mancherebbe un dna politi­co coerente, ma certo non gli slogan. La Nazione, certo, la dignità delle istituzioni calpe­st­ate da comitati d’affari com­plici della politica. E quindi, riassumendo tutto, la legali­tà. Che sia questo un tema po­pulistico considerato decisi­vo per un’opposizione che non vuole più restare tale, lo ha spiegato lo stesso Di Pie­tro, raccontando di un Bersa­ni preoccupato perché l’esclusiva della campagna moralizzatrice è stata sfilata al Pd da Tonino (e forse, si po­trebbe aggiungere, anche da Fini). Un banco di prova è sta­to il ddl intercettazioni, con uno scontro all’arma bianca tra berlusconiani e finiani, che alla fine ha registrato un esito favorevole per i seguaci di Gianfranco. Per adesso, tutto in nome di una pace sempre più remota. Ma la strada è segnata, e si muove su quel solco. Anche perché la giustizia e la questione eti­ca (meglio: la propaganda giustizialista...) sono davve­ro l’unico collante tra mondi lontanissimi tra loro come Di Pietro, Bersani, Fini. Dimenti­cando i molti problemi che con la giustizia hanno o han­no av­uto gli esponenti di que­sto preteso partito del ribalto­ne. Perché in questo momento complicato, l’importante è avere una chiave propagandi­stica che funzioni. Per le di­stinzioni e gli approfondi­menti, circa il curriculum dei presunti «uomini di buona volontà», c’è sempre tempo. E infatti uno dei consiglieri più ascoltati di Fini, in questa fase, è Giulia Bongiorno, pre­sidente della Commissione giustizia e ispiratrice della po­litica finiana sulla giustizia. E, sussurrano ambienti finia­ni, l’ex leader di An ha stretto proficui rapporti di fiducia anche nella magistratura. Tra le toghe «amiche» e favo­revoli a una svolta finiana, c’è senza dubbio Luca Palama­ra, presidente dell’Anm e acerrimo oppositore delle ri­forme berlusconiane sulla giustizia.Che l’ariete,per pro­vare a sfondare la maggioran­za berlusconiana sia quello, sia una campagna di delegitti­mazione parallela al lavoro delle procure, è chiaro da molti segnali. La fondazione finiana Farefuturo lo ha scrit­to chiaramente ieri, a propo­sito di presunte P3. «Chiama­re ladro chi ruba è morali­smo? Allora siamo morali­sti », hanno scritto gli intellet­tuali finiani sul web. In que­sto senso il partito del ribalto­ne ha un alleato fortissimo in Repubblica , che più di tutti sta accreditando l’idea della P3. Certo, le speranze e i dise­gni dei ribaltonisti della terza Repubblica non fanno i conti con una miriade di variabili.

L’esatto numero dei parla­mentari che sosterrebbero questa svolta, il rischio di un voto anticipato, l’effetto sul­l’opinione pubblica di un’operazione tutta politico­partitica. E, non ultimo, le contromosse del Cavaliere. Che, come raccontano in molti, potrebbe spiazzare, an­cora una volta dopo tante, ne­mici vecchi e nuovi.

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