«Voleva uccidere», il vigile sotto accusa

«Voleva uccidere», il vigile sotto accusa

MilanoTanti dubbi, troppe incongruenze, molta amarezza. Con il passare delle ore la vicenda del pregiudicato cileno di 28 anni ucciso lunedì pomeriggio al parco Lambro da un vigile della polizia locale dopo un inseguimento in auto sta assumendo un aspetto completamente diverso da quello delineato dalle ricostruzioni iniziali rivelatesi quanto meno inesatte, se non addirittura false. Si aggrava così la posizione del vigile 36enne che ha sparato, il milanese Alessandro Amigoni, che già non ci faceva una gran figura nel profilo da «Rambo» rintracciabile su Facebook. L’uomo, dopo un interrogatorio-fiume protrattosi fino alle 23 di lunedì davanti al pm Roberto Pellicano e dopo un’iniziale denuncia per eccesso colposo in legittima difesa, ora risulta indagato per omicidio volontario. E non si esclude del tutto che, nelle prossime ore, possano scattare per lui delle misure cautelari. Intanto già ieri Amigoni è stato trasferito dal nucleo antiabusivismo commerciale all’ufficio procedure sanzionatorie, senza arma e con un incarico d’ufficio amministrativo. E, forse consapevole di quel che lo aspetta, ha scelto di farsi difendere dall’avvocato Giampiero Biancolella, penalista di fama a Milano.
La dinamica dei fatti - che da subito non ha mai convinto del tutto anche gli investigatori della squadra mobile che indagano sul fatto e che, prima di qualsiasi dichiarazione pubblica, si sono riservati l’attenta visione delle telecamere della zona - sarebbe diversa da quella emersa in un primo momento. Il vigile, infatti, come spiegano i verbali della Procura, avrebbe colpito il fuggitivo Marcelo Valentino Gomez Cortes senza una «reale minaccia». E a confermare questa versione dei fatti sarebbero anche le ammissioni degli altri tre colleghi (e non uno, come affermato lunedì dalla polizia locale, ndr) che, al momento del fatto, si trovavano con Amigoni. E che, già la sera dell’interrogatorio in Procura, avrebbero iniziato a prendere le distanze dalla versione di Amigoni, sostenendo davanti al giudice di non aver mai visto un’arma nelle mani dei fuggitivi.
Gli aspetti da chiarire sono ancora tanti. Quello che più interessa la polizia - la dinamica dei fori d’entrata e d’uscita sul corpo del cileno - sarà rivelato probabilmente domani dagli esiti dell’autopsia sul cadavere del cileno. In ogni caso i primi esami del medico legale intervenuto al parco Lambro avrebbero dato alcune indicazioni che farebbero vacillare la testimonianza dei vigili coinvolti nel fatto. A questo punto gli investigatori della squadra mobile non se la sentono di escludere completamente che la vittima possa essere stata colpita addirittura mentre era di spalle. E, nemmeno, che i due fuggitivi, non fossero armati. A conferma di questo sospetto il racconto lucido di un «testimone oculare» dei fatti, un passante intervistato ieri da TgCom24 e che sostiene proprio che i due immigrati in fuga non avrebbero avuto armi con loro.
«Ero lì al Parco Lambro che passeggiavo - ha raccontato l’uomo a TgCom24 - come faccio spesso. A un certo punto ho visto due ragazzi che correvano via inseguiti da un’auto dei vigili. Poi si sono fermati e hanno iniziato a correre a piedi, non avevano né pistole né niente e urlavano “Non sparate, non sparate!”». «Dopo un po’ - racconta ancora l’uomo, dalle cui parole non appare chiaro se abbia visto l’intero inseguimento - ho sentito degli spari.

Sono sicuro che i due ragazzi in fuga non fossero armati. Dopo gli spari ho visto uno dei due a terra insanguinato, l’altro invece è scappato. Un vigile correva dietro ai ragazzi, un altro invece è rimasto fermo accanto all’auto».

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