Musk, la rivincita del presidente ombra

Mollato dai Dem, ha scelto Trump. Su "X" ha annunciato la vittoria. E farà affari con lui

Musk, la rivincita del presidente ombra
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In un mondo in cui sono tutti visionari, c'è chi lo è veramente. Cosa potreste dire di uno nato in Sudafrica con il passaporto canadese e che vuole diventare l'uomo più potente d'America? Non potendo essere presidente, visto che è nato all'estero, allora si inventa di sposarne (politicamente) uno, che poi è quello che poi vince le elezioni. Più visione di così...

Elon Musk è il nuovo Uomo Forte degli Stati Uniti, come ha detto lo stesso Trump: «Lui è un super genio, e i nostri geni dobbiamo difenderli». E d'altronde è la prima volta che il voto della grande potenza mondiale viene deciso da un social network, perché finita la grande spinta di giornali e Tv (ci ha provato Jeff Bezos vietando per la prima volta al suo Washington Post di prendere posizione, ma ormai era tardi), tutto è passato per Mister X, o meglio dalla sua piattaforma ex twitter diventata un megafono della campagna repubblicana. Niente di strano in questi tempi moderni, se non fosse che Musk nasce democratico convinto e questa sua conversione è una medaglia che Biden, Harris, il clan Obam e quello Clinton, potranno appuntarsi al petto come una vergogna.

Insomma, ma chi è Elon Musk? Tutto e il contrario di tutto: il più grande imprenditore della storia ed anche l'uomo che si fuma uno spinello mentre parla ospite di un programma radio; l'uomo che vuole arrivare su Marte e che intanto afferma la necessità di migrare su altri pianeti «perché qui siamo in troppi», detto dopo aver fatto undici figli. Un genio, appunto, del bene o del male, a seconda dei punti di vista. E soprattutto il futuro consigliere speciale del presidente, designato a guidare il Doge, ovvero il Dipartimento per l'efficienza governativa che è una task force deputata al controllo finanziario e di performance completo dell'intero governo federale, con la capacità di formulare «raccomandazioni per riforme drastiche». Visionarie anche quelle e per questo impronosticabili.

Di sicuro Musk è anche uno che sa fare i conti, ed è qui che sta il perché della sua grande passione per The Donald. Per dire: come proprietario di Tesla guadagna più dai sussidi green del governo che dalle vendite delle auto; la sua Space X, mentre brevetta razzi spaziali riutilizzabili, costruisce anche missili nuovo di zecca per l'esercito Usa grazie a una commessa scippata all'americanissima Boeing; grazie a Starlink connette il mondo con internet via satellite (spegnendo però il segnale ai soldati ucraini una volta che vede possibili affari con la Russia) e nel frattempo mette a punto una comunicazione laser alla velocità della luce per collegare i satelliti della Difesa Usa. E poi c'è Neuralink, la start up che produce chip da impiantare chip nel cervello per dare aiuto ai pazienti affetti da problemi neurologici: ma si fermerà lì? Anche in questo caso difficile fare un pronostico.

Basta vedere, in pratica, com'è passato dall'endorsement per Trump a far virare le comunicazioni su «X» tutte a favore del candidato repubblicano, tanto che se cercavi qualche notizia politica digitando Harris ricevevi come risposta news su una sperduta contea e non su una vicepresidente. Che piaccia o no l'America è in mano a questo genio qui, e il suo successo definitivo ha creato il silenzio imbarazzato dei suoi competitor visionari delle Big Tech, che ieri si sono ridestati capendo di aver scelto il cavallo sbagliato. D'altronde, come diceva Arthur Schopenhauer, «il talento colpisce un bersaglio che nessun altro può colpire. Il genio colpisce un bersaglio che nessun altro può vedere».

Anche se poi era tutto in fondo così chiaro: dopo aver chiamato un figlio con una specie di equazione impronunciabile, all'ultimo della serie ha affibbiato il nome di Technus Mechanicus. Da qui a Terminator, il passo è breve.

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