Voto estero nel caos i conti non tornano in una sezione su 7

L’ammissione del magistrato Fancelli, presidente dell’Ufficio centrale competente: «Le operazioni sono state uno schifo»

Luca Telese

da Roma

Sì, è vero: l’avevamo intuito, scritto. L’avevamo denunciato sul Giornale a maggio, con tutti gli strumenti in nostro possesso, quelli dell’inchiesta giornalistica. Nessuno se ne era curato. Poi, dopo sette lunghi mesi, la verità che avevamo documentato sul caos che ha dominato il voto degli italiani all’estero affiora come il relitto di un galeone dal fondo del mare, quando meno ce lo aspettavamo: errori, falsificazioni, conti alterati, scrutini celebrati senza regole. Schede annullate che non dovevano esserlo, e altre irregolari che sono state computate come se nulla fosse. Questo è stato lo scrutinio di Castelnuovo di Porto.
Ma stavolta a dirlo davanti a una commissione parlamentare - prima con le involuzioni della lingua burocratica amministrativa, poi inequivocabilmente - è il presidente dell’Ufficio centrale della commissione Estero, Claudio Fancelli. Fancelli è un magistrato serio, consapevole, esperto. E il suo racconto a Palazzo Madama è tanto scarno quanto onesto, tanto pacato quanto sconvolgente. L’incontro si svolge, senza clamore mediatico il 14 novembre. Il verbale stenografico (l’abbiamo letto solo ieri) è di 16 pagine, contiene dati a dir poco incredibili. In una sezione su 7 i conti non tornano. Ovvero: il 15% dello scrutinio è dichiaratamente inattendibile. E a dirlo è il massimo responsabile di quella votazione. Ecco il riassunto dello stesso Fancelli. Europa: «In 75 sezioni su 479 non è stato possibile parificare i dati, che presentano delle incongruenze». Africa-Asia-Oceania: «In 12 sezioni su 113 non è possibile parificare i verbali». E ancora: in America meridionale, «in 31 sezioni su 204 non è possibile parificare i verbali». Di più: «All’ufficio statistico della Corte risultano 67 verbali di consolato (67 sezioni) con problematiche ripianate come di consueto». Ovvero: taroccate nei verbali di seggio perchè i conti non tornavano. La prima domanda è: è stato un grande complotto? No. Ma è l’effetto di un sistema che a detta degli stessi tecnici, per via del voto postale, era impostato in maniera delirante fin dall’invio dei plichi, e chiuso in modo altrettanto incredibile da uno scrutinio assolutamente fuori misura, per rapporto fra personale dei seggi, condizioni logistiche e numero dei votanti. Non c’è stato dolo, o almeno nella maggior parte dei casi no. È bastato il sistema di voto. È lo stesso Fancelli ad ammetterlo, quando incalzato dal senatore di An, Filippo Berselli, esplode: «Dipende dal Parlamento modificare la norma. Diversamente, queste situazioni si verificheranno sempre, e ogni volta staremo qui a dire che le operazioni di voto degli italiani nel mondo sono uno schifo, che è successo di tutto, e chi più ne ha ne metta!». In qualsiasi altro Paese, se il massimo responsabile di uno scrutinio dicesse a una commisione parlamentare che le operazioni di voto sono state (e saranno) uno schifo si aprirebbe un watergate. Qui da noi è come se nulla fosse.
Ma i numeri che citiamo non dicono tutto, sono solo la punta di un iceberg. Perchè a parte i verbali in cui i conti palesemente non tornano, ce ne sono tantissimi altri - ammette Fancelli - «fatti con i piedi» (anche se magari i conti formalmente tornano). Quando poi risponde alla domanda - ovvia - su quanti siano, questi casi, il funzionario è preso da un moto di disperazione che emerge persino dalla freddezza dello stenografico: «Si dice che quando i conti non tornavano alcuni verbali venivano aggiustati... Ma io che ne posso sapere! Il dominus (il responsabile, ndr) era il presidente di seggio, tutto ricade su di lui».
La parola chiave, in burocratese, di questo mistero è: «preannullamento». Ovvero: molti dei voti arrivati per corrispondenza in busta non avrebbero nemmeno dovuto essere contati (per assenza del tagliando o di schede correttamente votate). Anche qui (dopo le domande tecniche e circostanziate del senatore di Forza Italia Lucio Malàn), Fancelli ammette irregolarità palesi: «Quante volte è capitato che le buste fossero aperte e in questo caso andava annullato tutto! C’è stato invece qualche presidente di seggio che ha dichiarato di non voler annullare il voto: affari suoi!». Qui persino Fancelli sottovaluta la gravità di quanto lui stesso racconta.

Dice di voti che arrivano «a dorso di mulo o di cammello», «di poveracci (scrutatori, ndr) che tra schede nulle, annullate, preannullate e voti nulli non hanno capito più niente», di seggi in cui risultavano «6 preferenze e zero voti per una lista» (!), di voti «invertiti tra un partito e l’altro». Parole che dovrebbero portare a un’unica soluzione, il riconteggio di tutto. Speriamo che chi deve prendere questa decisione non ci metta altri sette mesi.
luca.telese@ilgiornale.it

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