Woodcock fa poker. Ma la sua "P4" è solo un altro bluff

Dopo P2 e P3, la procura di Napoli continua il filone delle inchieste flop: reati inventati e tanti vip indagati. Il pm di origini inglesi, già titolare di "Vallettopoli", è attratto dai personaggi famosi

Woodcock fa poker. Ma la sua "P4" è solo un altro bluff

Confesso di aver letto con fastidio la prima pagina del Corriere della Sera di ieri dal titolo «Testimoni eccellenti dell’inchiesta sulla P4». Così, per autotutela, devo dire che la sensazione prevalente che ha guidato la mia scelta è stata quella della noia; mentre lo schifo e il disgusto hanno accompagnato la lettura del titolo di apertura, sempre di ieri, de Il Fatto quotidiano: «Le Papi-girl temono l’Aids: “Con lui non si sa mai”». In questo caso, per attrazione morbosa, ho letto l’articolo ripugnante. Bisogna riconoscere che quelli del Fatto hanno superato i titoli choc che hanno fatto la fortuna di Vittorio Feltri, alternativamente, al Giornale e a Libero. Ma in Feltri prevaleva l’horror, con una buona dose di comicità e molta ironia, mentre nei suoi goffi allievi domina il macabro e il viscido.
Per tornare alla P4, non avrei letto il confuso articolo di Giovanni Bianconi e Fiorenza Sarzanini, eccellenti nel perlustrare o anticipare carte delle procure se non avesse chiamato un caporedattore chiedendomi qualche osservazione sull’ennesima invenzione di una «loggia». Già, come pochi ricordano, la P2 fu smontata per l’inconsistenza delle accuse, per la ridicola proliferazione di commissioni d’indagine allarmistiche e allarmanti per arrivare a conclusioni opposte a quelle della magistratura competente. La quale, in una mirabile sentenza di Cassazione, che andrebbe pubblicata un giorno sì e un giorno no, ridicolizzò e smantellò l’impianto dell’accusa osservando le contraddizioni, le illazioni, e perfino le gigionerie di Gherardo Colombo, il quale, pur elegante nella prosa, ipotizzò crimini del tutto inconsistenti. Tutte le accuse, e la stessa pericolosità sociale e dimensione criminale della P2 furono smentite, con argomentate confutazioni da parte di agguerriti magistrati; eppure, ancora oggi il neologismo «piduista» è un’offesa, e averlo io attribuito a piduisti indiscussi e dimostrati mi è costato più di una condanna pecuniaria.
Dunque la P2 non è un’associazione a delinquere, ma piduista è un insulto. Questo è il risultato di un’inchiesta costosa, fumosa, inutile. Una delle tante balle giudiziarie italiane. Occorreva arrivare a tempi tristi come questi per vederne riaffacciare lo spettro nella P3, un’altra patetica bufala per definire un gruppo di persone la cui influenza è del tutto inesistente perché, riunendosi, hanno ottenuto il solo risultato di danneggiarsi.
Ma della P3 si è parlato per mesi e ancora se ne parla, così come di fantomatiche compravendite di parlamentari, di «struttura Delta» e di altre amenità. Poi si legge di personaggi cui si attribuiscono poteri inesistenti e trame superiori non solo alle loro possibilità ma anche alla loro immaginazione, con il risultato di lusingarne l’inclinazione criminale che non hanno. Ecco allora le (letteralmente) incredibili gesta in qualche isola del Pacifico di Walter Lavitola, che io ho conosciuto ragazzino nella redazione dell’Avanti in pieno declino. Un uomo innocuo che, nel quadro di un’accusa della violazione della legge Anselmi sulle società segrete (immagino come si sia gonfiato Lavitola nel leggere l’ipotesi dell’accusa), ha avuto ufficio e abitazione perquisiti, ovviamente, con risultati zero, e soldi nostri spesi, e forze dell’ordine utilizzate per perdere tempo. Lo stesso si può dire di un altro bravo e sfortunato ragazzo, Giuseppe Graziani, sempre socialista, post craxiano, che io ho conosciuto benissimo e che non è capace di fare nessuna trattativa segreta promettendo milioni di euro mentre non è in grado di mettere insieme il pranzo con la cena. Un’altra bufala, altri inutili articoli di giornali e interviste che riempiono l’amor proprio di ragazzi che mai avrebbero sperato in tanta attenzione, e sono messi davanti agli occhi di tutti come pericolosi complottisti mentre sono come bambini che giocano con i soldatini e leggono Diabolik. Gli adolescenti Lavitola e Graziani appassionano magistrati che hanno tempo da perdere.
Ed eccoci al dunque. Non potevo dubitare che nella nuova e fumosa inchiesta sulla P4 fossero coinvolti magistrati che hanno raggiunto la celebrità in virtù dei loro innumerevoli fallimenti. Non sarà difficile riconoscere il campione tra loro in Henry John Woodcock. Già il nome aiuta. Trapiantato da Potenza a Napoli, non poteva stare troppo tempo fermo, doveva trovare il modo di spendere un po’ di soldi nostri in nuove e utilissime intercettazioni. In uno Stato serio dopo tante prove senza esito Woodcock sarebbe stato pregato di tornare a casa, e l’ineffabile Corte dei Conti avrebbe dovuto quantificare le spese inutili che il suddetto aveva fatto fare allo Stato. Niente di tutto questo. Woodcock continua come prima. Sua caratteristica coinvolgere personalità celebri o rappresentative. A Woodcock non interessano gli sconosciuti o i poveracci. Lui colpisce i noti e i notabili. È attratto dai potenti. Potrebbe fare il casting dell’Isola dei famosi. Ed eccolo, allora, ancora una volta aprire un’inchiesta nella quale «sfilano testimoni eccellenti». Superati i tempi di Corona, Totti, la Gregoraci, Flavia Vento, Malgioglio, Woodcock, che già si era interessato di Franco Marini e di Gasparri (inutilmente), alza il tiro. Ed eccolo allora convocare, con solennità quirinalizia, Gianni Letta, Massimo D’Alema, Italo Bocchino, Mauro Masi. Immagino le arie che si sarà date facendo arrivare, o andando a trovare, tanti papaveri. «Siamo arrivati al cuore del potere» si sarà detto. «Ecco la P4!». Poker!
Immagino la faccia di Letta quando avrà letto l’invito a comparire firmato da Woodcock. Sorriso e fastidio insieme l’avranno accompagnato all’appuntamento. Ma qual è l’oggetto dell’inchiesta? Dal Corriere apprendiamo che la procura di Napoli sta indagando su un sistema, ribattezzato P4, volto «all’acquisizione illegale e alla gestione di notizie riservate e secretate inerenti, tra l’altro, anche delicati procedimenti penali in corso». Come capite bene, un reato impossibile. I magistrati non stanno nella pelle per rivelare notizie riservate e secretate. Non fanno altro. E in questo lo Procura di Milano è insuperabile. Napoli cerca ora di imitarla. E, con Woodcock, ci riesce perfettamente. Anche nella P4 c’è un personaggio sopravvalutato nella dimensione criminale: Luigi Bisignani, «uno dei principali personaggi intorno al quale ruota l’inchiesta napoletana», un super Lavitola e un super Graziani, anch’egli sovrastimato e sul quale grava l’ombra lunga della P2 (naturalmente senza alcuna conseguenza giudiziaria).
E però il tormentone continua, sotto il titolo furbo: «La P2 ieri. La sua vittoria oggi».

E mentre leggo di questa ennesima, inutile inchiesta, mi ritornano in mente alcuni membri illustri della P2, pericolosissimi: il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, il conduttore televisivo Maurizio Costanzo, il mite giornalista Alberto Sensini, lo scrittore Roberto Gervaso, il comico Alighiero Noschese. Pericolosissimi sovversivi. La loro iscrizione alla P2 ha costituito una grave minaccia per lo Stato. Teniamo gli occhi aperti. Ecco a voi, oggi, la P4!

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