Luca Testoni
Da Dakar a Milano. Scopo del viaggio: portare la potenza espressiva della musica senegalese alle nostre latitudini. È la missione di Youssou NDour, classe 1959, lartista africano del XX secolo, questa sera in concerto con la sua band storica, la Super Etoile de Dakar, allo Spazio Arena dellIdroscalo (ore 22, ingresso libero).
NDour è star internazionale autentica, la cui influenza è andata oltre il suo Paese, dove viene considerato un «principe della musica». Unanimemente considerato un grande della «world music», non ha mai disdegnato le collaborazioni con colleghi occidentali: da Peter Gabriel («In Your Eyes» e «Shakin the tree») a Neneh Cherry (la riuscitissima «7 Seconds» ), giusto per citare le più fortunate. Collaborazioni che riflettono quella che è la sua parola d'ordine in ambito musicale: «Contaminare».
Fedele a questo motto, Youssou NDour è riuscito realizzare un godibile connubio tra tradizione linguistica e strumentale senegalese e un vocabolario stilistico variegato, che spazia dal reggae al jazz passando per il calipso, il soul e anche il rock. In fondo, lo mbalax (così si chiama la musica popolare moderna del Senegal), di cui NDour è «campionissimo», non è altro che il prodotto della suggestiva fusione tra le percussioni e i canti dei griot (i musicisti-cantastorie dellAfrica subsahariana) e i sapori della cultura afro-caraibica.
A detta di molti, Youssou NDour, visto lultima volta ad ottobre al Dal Verme per presentare il disco «Egypt» (ispirato ai canti religiosi dei maestri spirituali dellIslam), è tra gli ambasciatori più credibili dellAfrica di oggi. Un continente giovane e aperto, ma ancora alle prese con enormi problemi legati allo sviluppo e alla corruzione. Pronto al cambiamento e già radicato nel domani e, al tempo stesso, indissolubilmente legato al proprio passato.
Magari il suo afro-pop, cantato in wolof (la lingua della principale etnia senegalese), inglese e francese e trait d'union tra Nord e Sud del mondo, potrà far storcere il naso ai puristi del suono etnico duro e puro, ma resta comunque prodigo di canzoni moderne e di grande respiro. Come quelle contenute in «Nothings In Vain», l'album che si è guadagnato una nomination ai Grammy Awards 2003.
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