Zaia ai commissari Unesco: «Il Veneto? Macché dialetto, è una lingua»

Il governatore leghista al convegno dedicato alla cultura e alle tradizioni locali. L'assessore regionale Stival: «Il veneto si studi nelle scuole. Ovunque in Regione lo si sente parlare...»

Proud to be veneti. «Viviamo in una regione in cui sette persone su dieci parlano veneto. Per noi è la lingua madre, quella che viene dal cuore. E la difesa della nostra identità parte proprio dalla difesa della nostra lingua». Pensieri e parole del governatore Luca Zaia intervenendo, assieme all'assessore per la tutela dell'Identità veneta Daniele Stival al convegno dedicato a «Il veneto: tradizione, tutela, continuità» che si è aperto stamani alla Biblioteca Nazionale Marciana a Venezia, presente anche il ministro dell'Interno Roberto Maroni. L'appuntamento proseguirà domani e prevede la partecipazione dei massimi esperti nazionali e internazionali in materia. Promotori la Regione del Veneto e la Commissione Nazionale per l'Unesco.
«Questo convegno - ha spiegato il braccio destro di Zaia, l'assessore Stival - è un'occasione straordinaria per dare il giusto rilievo a quelli che, come nel caso del veneto, vengono impropriamente definiti dialetti, ma in realtà sono vere e proprie lingue, che hanno attraversato e tuttora caratterizzano la vita di generazioni e generazioni di cittadini, la loro storia, le loro tradizioni più care: un nostro patrimonio fondamentale».
Insomma, garantisce la giunta del Nord-Est: nei luoghi di lavoro, sugli autobus, per la strada, al cinema e in tutti i luoghi di aggregazione della comunità quello che si sente è innanzitutto l'idioma materno. «Questo significa che la difesa della lingua veneta non è una battaglia di retroguardia o un amarcord nostalgico, ma risponde alla volontà di essere attori più consapevoli del proprio territorio.

È quindi importante che questo patrimonio umano entri nelle scuole e divenga materia di studio, di approfondimento, di arricchimento personale e della comunità: perché tenere vivi i nostri valori identitari e culturali è nostro dovere esattamente come lo è mantenere fertile la terra che nutre le nostre famiglie», conclude pur tradendo un pizzico di retorica Stival.

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