Milano - Commesse pubbliche in cambio di soldi alla Lega Nord: c’è anche questo filone nelle carte dell’inchiesta che ha portato tre Procure a scavare negli affari segreti del Carroccio. In particolare, intorno ai rapporti tra il partito di Bossi e il business di Stato si muove l’inchiesta condotta dalla Procura di Napoli, che ha come punto di partenza proprio le confessioni di un ex manager pubblico: Lorenzo Borgogni, già dirigente di Finmeccanica all’epoca di Pier Francesco Guarguaglini, che il 15 e il 23 novembre dello scorso anno viene interrogato dai pm Woodcock e Piscicelli nell’ambito dell’inchiesta P4, e descrive - oltre al sistema di tangenti distribuite dal gruppo per acquisire commesse all’estero - anche i rapporti privilegiati dell’azienda con il sistema dei partiti italiani.
Borgogni parla anche (ma non solo) della Lega Nord. Ed è dalle sue dichiarazioni che la Procura partenopea arriva ad uno dei personaggi chiave dell’inchiesta sul Carroccio: Stefano Bonet, imprenditore veneto, legato doppio filo al cassiere leghista Francesco Belsito.
L’indagine appura che Belsito e Bonet stanno cercando di entrare in una commessa da 200 milioni gestita da Finmeccanica insieme ad un’altra azienda pubblica, Fincantieri. Belsito è consigliere d’amministrazione di quest’ultima, su designazione del leghista genovese Bruzzone (che in cambio ha preso 50mila euro). Anche Giuseppe Bono, amministratore delegato dell’azienda, nelle intercettazioni di Belsito viene citato pesantemente. Una azienda friulana di arredamenti navali, la Santarossa di Pordenone, avrebbe pagato un milione e mezzo a Belsito, Bono e a un funzionario dell’ufficio acquisti per ottenere le commesse. «Mai pagato tangenti a nessuno», fa sapere ieri la società friulana. Ma la coppia Bonet-Belsito punta a entrare nei piani alti degli appalti per la sicurezza.
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