Appalti, una «cricca» dentro Aler

Mai preso soldi, solo un errore tecnico

«Io non ho mai preso una lira, nemmeno un centesimo. Si è trattato solo di un errore tecnico». Il giorno dopo, Romano La Russa prova a stemperare l’ennesima bufera giudiziaria che attraverso di lui si è abbattuta sulla Regione. L’assessore alla Sicurezza compare infatti tra i dodici indagati dalla Procura nell’inchiesta sugli appalti «pilotati» dell’Aler, con un’accusa di finanziamento illecito per un contributo da 5mila euro versato per le regionali del 2010 e amministrative del 2011 a Vercelli da Luca Ruffino, imprenditore, ex segretario cittadino dell’Udc e ora dirigente del Pdl. Ma nonostante l’avviso di garanzia, la vicenda di La Russa rappresenta un elemento marginale dell’inchiesta.
Quasi un incidente di percorso, una scoperta casuale fatta nel corso delle perquisizioni della Gdf negli uffici della «Constructa srl», la società di Ruffino che avrebbe pagato (senza mettere a bilancio) i manifesti elettorali e i volantini per il politico: una fattura della sponsorizzazione elettorale in nero che ha portato all’inevitabile iscrizione di La Russa nel registro degli indagati. Ma vista anche l’esiguità della somma contestata - spiegano fonti della Procura - l’assessore potrebbe anche convincere i pm che si sia trattato di uno sbaglio commesso in buona fede. Uscendo così da una vicenda penale che, invece, puntava ad altro. Ovvero, alla «cricca» dell’Aler. In cui Marco Osnato (consigliere comunale del Pdl e direttore dell’area gestionale dell’Azienda residenziale) avrebbe avuto un ruolo centrale assieme a Luigi Serati, responsabile della filiale Aler di Legnano. Anche a Osnato sono contestate poche migliaia di euro ricevuti da Ruffino per le elezioni del 2011 a Milano, ma non è tanto su questo che si sono concentrati gli inquirenti. Piuttosto, è stato approfondito il versante degli appalti. Lo schema è questo: Onsato, attraverso Serati, avrebbe dato ad altri cinque «service manager» - tra cui lo stesso Ruffino - indicazioni per manipolare i capitolati in modo che gli importi restassero sotto la soglia limite dei 193mila euro per forniture e servizi e dei 200mila per lavori, così da non dover procedere a gare pubbliche ma per assegnazione diretta agli imprenditori amici.
Eccole, dunque, le procedure ritenute pilotate. Nel 2010, la manager Maria Bernacchi avrebbe frazionato un appalto da oltre 269mila euro e un altro da 370mila l’anno successivo per «spese di pulizia degli stabili di proprietà o in gestione Aler affidatigli con 12 disciplinari di incarico» datati 29 dicembre 2009 e «firmati per Aler da Marco Osnato», e assegnati a diverse ditte fornitrici, tra cui la «Pellegrini Sas» e la «White Service srl», riconducibili allo stesso imprenditore. La stessa cosa avrebbe fatto il manager Antonio De Luca, dividendo in più lotti l’importo complessivo di 243mila euro. Ancora più ricchi gli appalti che sarebbero stati frazionati e assegnati per via diretta da Francesca Pecoraro: 491mila euro nel 2010 e altri 264mila nel 2011, parte dei quali andati alla «Ap Professional global service», di proprietà del compagno della stessa Pecorato. A Ruffino, invece, sono contestati lavori per 450mila euro nel 2010 e per 360mila euro nell’anno successivo, mentre a V.B. quattro lotti (260mila euro, 429mila, 218mila, 408mila tra il 2010 e il 2011) per «il servizio di pulizia e manutenzione del verde».

Tutti «service manager» finiti sotto inchiesta come Osnato per turbativa d’asta. È questo il vero fronte caldo dell’indagine appena chiusa. I guai di La Russa ne sono un effetto collaterale. A questo punto, però, la palla passa all’assessore. Convincerà i pm di avere soltanto commesso un errore?

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