Grillini, ministri o vescovi nei guai? La colpa è sempre dell'assistente

I collaboratori sono diventati i capri espiatori delle figuracce e degli strafalcioni dei loro capi

Grillini, ministri o vescovi nei guai? La colpa è sempre dell'assistente

È l'anonimo salvatore della patria, l'ultima spiaggia prima del ludibrio, il rifugium del gaffeur , il ghost writer della cazzata. Di più, è il Benjamin Malaussène che accompagna ogni politico, funzionario, manager, personaggio pubblico che incappi in un lapsus grave o anche solo ridicolo. È - in definitiva - il martire-per-conto-degli-altri . Lo strafalcione del ministro? «È colpa del mio collaboratore». Le spese pazze del consigliere regionale? «Uno scherzo di un mio collaboratore». Il deputato che twitta boiate? «Un'iniziativa del mio collaboratore». Insomma grazie, collaboratore. Grazie di esistere (forse) e di fare il mestiere più generoso del mondo: il capro espiatorio.

Nella lunga letteratura di genere, l'ultimo capitolo spetta alla Curia di Milano, finita due giorni fa nella bufera per un'improvvida lettera inviata a seimila insegnanti di religione. Nella missiva si chiedeva di «segnalare» le scuole in cui si affrontano temi legati all'omosessualità. Apriti cielo. Persino il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, è dovuto intervenire spiegando che non si trattava di «un censimento». Alla fine, ecco la soluzione. «Chiediamo scusa per una comunicazione formulata in modo inappropriato», è il testo dettato dalla Diocesi alle agenzie di stampa. Ma chi l'ha mandata quella lettera? Beh, «un collaboratore del Servizio insegnamento religione cattolica». E il caso è chiuso.

Ha fatto più fatica a chiuderlo, invece, il pentastellato Vito Crimi. Commentando con un tweet la foto di un manifesto a sostegno di Berlusconi - «Silvio non mollare» - deliziò le sconfinate praterie del web con un post fine come un rutto a una cena di gala. «Ma vista l'età, il progressivo prolasso delle pareti intestinali e l'ormai molto probabile ipertrofia prostatica, il cartello di cui sopra con “Non mollare” non è che intende “Non rilasciare peti e controlla l'incontinenza”?». Wow . Ma mica era colpa sua, di Crimi. Macché, era quel pirla del suo collaboratore. Il politico Cinque stelle - ça va sans dire - venne sommerso da una colossale pernacchia. Che servì a poco, vista la comoda poltrona su cui ancora siede.

Meno greve, meno grave ma uguale nella dinamica è la gaffe del piddino Francesco Boccia, che sempre dialogando via Twitter spiegava che con gli F35 (i caccia della Lockheed al centro di un dibattito nazionale e planetario) «non si tratta di fare guerre», perché «con gli elicotteri si spengono incendi, trasportano malati, salvano vite umane». Elicotteri gli F35? Gli utenti, ovviamente, non gliel'hanno fatta passare: «Non sai di cosa parli». Ops , scusate. Ma «chi questa mattina ha scritto, come ogni mattina, gestendo il profilo, ha fatto sintesi poco comprensibile», ha spiegato Boccia. Abbiate pazienza, è stato lo stagista.

Perché è più facile, è una scusa a portata di mano, e fa niente se non regge e se la toppa è peggio del buco. Perché alla fine alle toppe ci si abitua. Fanno parte della storia (esse minuscola, per carità) i neutrini che viaggiavano da un tunnel scavato tra il Cern di Ginevra e i laboratori del Gran Sasso, e che l'ex ministro Mariastella Gelmini scaricò sul suo portavoce, il vibratore acquistato con soldi pubblici dalla consigliera regionale del Pd in Emilia Romagna Rita Moriconi («l'ha comprato un mio collaboratore»), o ancora il caos totale ai recenti test di Medicina («siamo scivolati su un errore umano», si è giustificato il presidente della società incaricata di inserire le domande nei database).

Ma non tutto passa in cavalleria. Perché in fondo c'è un limite, e il Paese - a volte - si mostra capace di inattese vampate di coscienza. E così è successo a Monza, per il fiume Lambro avvelenato da idrocarburi e oli combustibili. Disastro ambientale.

A processo finirono tutti i dirigenti di una ex raffineria. E tutti vennero assolti. Tutti. L'unico colpevole? Il custode dello stabilimento, mai presente a processo, condannato a cinque anni e a risarcire quasi sette milioni di euro. Non era facile, ma ci sono riusciti.

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