Una trascrizione falsa? No, "miraggio acustico"

Assolti gli inquirenti che nel 2001 coinvolsero con delle intercettazioni un politico e un giudice in un’inchiesta di mafia

Una trascrizione falsa?  No, "miraggio acustico"

«Miraggi» e «miracoli acustici» archiviano la vergogna delle intercettazioni taroccate. È la storia del discusso proscioglimento davanti al gup di Lecco di alcuni ispettori della Dia di Messina indagati per aver trascritto in modo fantasioso, nel luglio del 2001, alcune intercettazioni in un bar della città siciliana dal contenuto in realtà assolutamente «non udibile». Presunte chiacchierate attribuite a tre persone (arrestate insieme ad altre tredici, tutte scagionate prima del processo) dove si sarebbe fatto cenno a fatti gravissimi: traffico d’armi, rapporti con cosche mafiose, smercio di grosse quantità di stupefacenti, corruzioni di giudici, addirittura un omicidio. Bene (si fa per dire). Nel nastro originale alla base dell’inchiesta che manderà in galera l’ex sottosegretario Santino Pagano, il giudice Giuseppe Savoca, imprenditori dello Stretto e quant’altro, s’è poi scoperto che nulla di quanto era stato trascritto dalla Dia figurava nella bobina. Niente si sentiva. Le consulenze tecniche, di parte e quelle super partes, l’hanno accertato. Ed hanno anche evidenziato come risultassero espressioni attribuite a soggetti maschili quando le voci erano nitidamente femminili, come non c’era alcun riferimento a cognomi e luoghi nonostante nel rapporto della Dia emergessero nomi propri ripetuti ben 161 volte con l’indicazioni di 96 posti. E ancora. Come frasi prive di qualsiasi rilievo penale, perfettamente riscontrabili azionando «play» sul registratore, erano state letteralmente sostituite con altre di significato gravemente indiziario a carico degli imputati.
Nel motivare la sua decisione assolutoria il gup ha premesso che forse le intercettazioni non dovevano essere trascritte causa la pessima qualità dell’audio, ma che data l’alta soggettività delle interpretazioni, proprio a causa della cattiva qualità del sonoro, non si poteva escludere in astratto che quelle frasi fossero state effettivamente presenti nella registrazione. Traduzione: anche se tutte quelle parole non si sentono, e se nessuno dei tanti periti che hanno ascoltato i nastri le hanno sentite, non vuol dire che esse non esistano visto che i poliziotti le hanno sentite e trascritte. Dunque la non udibilità del contenuto del nastro, secondo il gup, determina l’impossibilità di stabilire con certezza l’esistenza «del falso».
Con un durissimo ricorso per Cassazione, i difensori delle parti civili contestano questo modo di ragionare. Tanto per cominciare rimarcano come il gup avrebbe potuto facilmente accertare il contenuto del nastro facendo ascoltare in aula i brani contestati «e invece inspiegabilmente rifiutava di procedere all’acquisizione di tale prova ritenendola superflua e non necessaria, salvo poi, in stridente contrasto con tale situazione, ritenerla (implicitamente) decisiva avendo posto a base della sua pronuncia liberatoria proprio il mancato accertamento dell’effettivo contenuto della registrazione». Di fronte a tante e ripetute anomalie il perito nominato dalla procura di Lecco, il direttore tecnico della polizia scientifica Delfino, ha ammesso di non essere in grado di dare una spiegazione su buona parte dell’operato dei colleghi. Su altra parte del materiale trascritto, l’esperto si rifà all’ipotesi di un «miraggio acustico o uditivo», in qualche modo avallata dal gup. Un particolare fenomeno che colpisce chi, avendo conoscenza della indagini, e dei nomi e dei posti oggetto di accertamenti di polizia, possa credere di sentire nelle intercettazioni nomi e fatti che nelle intercettazioni poi non si ritrovano. Capita di rado, ma capita. A un trascrittore, non a più poliziotti in cuffia. Al massimo per una frase, non a decine. Scrive l’avvocato Alberto Gullino alla Suprema Corte: così rischiamo di «trovarci di fronte a un miraggio uditivo collettivo e reiterato che colpisce più persone in momenti differenti», che trae in inganno i tre della Dia che avrebbero creduto di sentire tutti esattamente le stesse cose in occasioni diverse, distanti nel tempo, in intercettazioni inascoltabili a sentire gli esperti.

Lo stesso super consulente Delfino alla fine l’ha dovuto confessare: «Questa è la prima volta che mi capita che su 30 minuti ci siano tutte queste discrepanze». Tornando al sonoro, chiosa il legale della parti civili, il gup sembra essersi convinto di trovarsi al cospetto più che di un miraggio, di un «miracolo acustico». Quando la giustizia passa per Lourdes.

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