Non sanzioni ma donazioni. Ferragni "pensati filantropa"

Secondo l'influencer il milione e duecentomila euro che pagherà dopo un accordo con l'Antitrust non è una sanzione ma una donazione: così apre nuove frontiere della comunicazione

Non sanzioni ma donazioni. Ferragni "pensati filantropa"
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D'ora in poi, quando gli italiani verranno pizzicati in contravvenzione, potranno dire all'agente di turno che si rifiutano di pagare la sanzione ma che, di contro, vogliono fare un versamento volontario. Una donazione dell'importo indicato nel verbale a loro comminato. D'altronde, Chiara Ferragni ha appena dichiarato che, dopo la chiusura delle indagini da parte dell'Antitrust sulle uova di Pasqua e il patteggiamento, farà una donazione. L'Antitrust avrebbe accolto l'impegno dell'imprenditrice, come riferisce una nota delle sue società, di versare "un contributo economico volontario che è una donazione, e non una sanzione, per un minimo di complessivi 1 milione e 200mila euro in favore dell’impresa sociale ‘I bambini delle fate’". Un accordo per evitare un altro danno di immagine. Certo, poteva pensarci prima Ferragni, magari nel momento in cui venne fuori il caso pandoro dire "forse ho sbagliato anche con altro". Ma non l'ha fatto e ora si aggrappa con ogni forza a questo minimo appiglio.

L'Italia è questo Paese meraviglioso in cui un'accusa di truffa aggravata da minorata difesa viene derubricata dall'influencer in un errore di comunicazione e in cui una sanzione dell'Antitrust può essere convertita e fatta passare come una donazione volontaria. E così, tra una regressione adolescenziale e l'altra di Ferragni, che disperatamente cerca di tenersi stretti i suoi follower cercando di dimostrare di essere come loro, e una frecciatina immatura all'ex marito, gli italiani hanno anche imparato qualcosa di nuovo. "Pensati filantropa", potrebbe essere il nuovo motto dell'influencer, che si auto-convince di far del bene e in questo modo cerca di convincere anche gli altri che sia così.

E magari, in questo modo, riesce pure a far dimenticare che la procura di Milano l'ha indagata per truffa, sia per i pandori sia per le uova di Pasqua. Non è da escludere che questa strategia sia utile anche nell'ottica di un eventuale rinvio a giudizio, in base a quello che decideranno la procura di Milano e il gip. Ma intanto l'estate passerà così e Ferragni, tra un viaggio di lusso e l'altro e una storia imbarazzante e l'altra, prova a distogliere l'attenzione dalle cose serie. Basterà?

No. La cruda verità è questa. La credibilità di Chiara Ferragni è ormai distrutta. Come influencer difficilmente potrà continuare a lavorare, almeno in Italia, e lo dimostra il fatto che da dicembre a oggi, in 7 mesi di tempo, l'unico contenuto sponsorizzato è un hotel di Forte dei Marmi. Per il resto non pare ci sia più la fila di aziende pronte a firmare assegni a 5 o 6 zeri per vedere i propri prodotti nel suo profilo, che all'apice del successo era una bacheca promozionale. A tutto questo si aggiunge l'indiscrezione sulla chiusura del suo flagship store di Milano, fiore all'occhiello di un impero che le si sta sgretolando tra le dita. La recente "donazione" da 1.2 milioni molto difficilmente cambierà il corso degli eventi.

Tutti, prima o poi, devono rendersi conto di aver finito un ciclo. Prima Ferragni lo capirà, prima riuscirà a costruirsi una nuova vita, mettendo fine all'imbarazzo dei suoi follower di veder il personaggio costruito negli anni che annaspa per tornare ciò che era e che non sarà più.

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