Fini, i Tulliani e l’appartamento dei misteri Iniziò tutto così

L’ex presidente della Camera Gianfranco Fini è stato protagonista di una delle inchieste giornalistiche più importanti del nuovo Millennio. La casa di Montecarlo donata ad Alleanza Nazionale e finita a suo cognato fu scoperta dai nostri cronisti nel 2010

Fini, i Tulliani e l’appartamento dei misteri Iniziò tutto così
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Il fantasma della vedova Anna Maria Colleoni, fascista convinta e poi generosa benefattrice del patrimonio di An, si aggira spaesato fra i tornanti di Montecarlo. È confuso, lo spettro. Non capisce. Perché quando la nobildonna abbandonò per sempre questo mondo, ormai più di dieci anni fa, nel testamento fece inserire un lascito da due miliardi e mezzo di lire al partito dell’allora segretario Gianfranco Fini: un bel terreno a Monterotondo, case a Roma e a Ostia, un appartamento di 70 metri quadrati più terrazzo in un’elegante palazzina del Principato di Monaco. Tutta roba messa a bilancio e utilizzata dal partito, nel 2001, per andare in attivo.

È confuso, lo spettro. Non capisce. Perché quando la nobildonna abbandonò per sempre questo mondo, ormai più di dieci anni fa, nel testamento fece inserire un lascito da due miliardi e mezzo di lire al partito dell’allora segretario Gianfranco Fini: un bel terreno a Monterotondo, case a Roma e a Ostia, un appartamento di 70 metri quadrati più terrazzo in un’elegante palazzina del Principato di Monaco. Tutta roba messa a bilancio e utilizzata dal partito, nel 2001, per andare in attivo.

Per sette-otto anni l’immobile monegasco è rimasto sfitto, abbandonato, frequentato solo dai topi nonostante piovessero offerte mirabolanti dai condomini che allora arrivarono a proporre 10-15mila euro al metro quadrato (le agenzie immobiliari della zona parlano di un valore attuale stimabile intorno ai 25-30mila a metro quadrato). Due anni fa, improvvisamente, il palazzo ha preso atto che il locale disabitato aveva cambiato proprietario. Non più Alleanza nazionale, che attraverso i suoi emissari-parlamentari La Morte e Pontone aveva eseguito personalmente i sopralluoghi nel palazzo Milton respingendo puntualmente tutte le richieste d’acquisto del vicinato, bensì una Ltd, una misteriosa società off shore con sede in chissà quale angolo del pianeta, che a sua volta s’era rivolta a una sottoimpresa del colosso di costruzioni Engeco per svolgere lavori di ristrutturazione dell’appartamento con abbattimento di muri interni e rifacimenti del pavimento. Il committente dei lavori si chiama Giancarlo Tulliani.

Per sapere se questo nome corrisponde al fratello della signora Elisabetta, compagna del presidente della Camera, siamo andati direttamente a Montecarlo. E per capire l’esatta trafila che aveva fatto l’immobile, donato dalla discendente del condottiero Colleoni al partito, ceduto a una società off shore, e poi finito nella disponibilità del (presunto) cognato dell’ex presidente di quello stesso partito a cui l’immobile era stato regalato, ci siamo premurati di chiedere ai diretti interessati. Al partito, contattati La Morte e Pontone, nessuno ha saputo dare chiarimenti su: a quanto era stato venduto l’appartamento, a chi era stato alienato e se fosse vero che Fini e la signora Tulliani - come ci raccontano i vicini - hanno visionato quell’appartamento tempo addietro. Poi abbiamo chiesto a monsieur Tullianì, che di nome fa effettivamente Giancarlo e che corrisponde, due gocce d’acqua, al fratello di Elisabetta Tulliani, l’ex compagna di Gaucci, oggi consorte del cofondatore del Pdl.

Siamo andati al 14 di rue Princess Charlotte, proprio accanto all’elegante Novotel, abbiamo varcato l’uscio d’ingresso col nome «Tulliani» impresso sul citofono e a soli tre metri dal portone, di buon mattino, abbiamo suonato al campanello dell’appartamento con su scritto, anche qui, «Tulliani». L’occupante ha prontamente risposto. Prima di aprire ha preteso di sapere chi fossimo. Ci siamo educatamente presentati: nome, cognome, professione, giornale di riferimento, motivo del disturbo. Da quel momento, però, l’inquilino non ha più parlato e si è ben guardato dall’aprire a un cronista del Giornale. Preso atto del silenzio assordante, siamo andati via. Poi è arrivata la polizia, chiamata da quel monsieur Tulliani che anziché rispondere a un paio di domande del Giornale ha preferito denunciarci alla Sureté Publique.

Quando sono piombate le volanti Giancarlo Tulliani ha parlato di (inesistente) violazione della privacy e del domicilio. Così siamo finiti per due volte sotto interrogatorio, invitati a lasciare il Principato, addirittura foto-segnalati al commissariato. Tanta solerzia, perché?

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