
Tra i tanti segreti di Stato destinati a restare tali, uno invece ha i giorni contati. È un segreto che riguarda un tema delicato: il sottobosco dei rapporti tra organi dello Stato e informazione. È il segreto che è stato apposto sui rapporti tra la trasmissione Report e i servizi segreti in relazione al filmato che ritraeva il 23 dicembre 2020 l'ex presidente del Consiglio Matteo Renzi mentre incontrava in un autogrill Marco Mancini, allora vicedirettore del Dis, l'organismo di controllo delle agenzie di intelligence. Dopo la trasmissione, Mancini venne immediatamente silurato dal Dis.
Come quel filmato fosse stato realizzato e come fosse arrivato alla redazione di Sigfrido Ranucci finora era rimasto un mistero. Anche perché, interrogata dai pm di Roma, l'allora direttore del Dis Elisabetta Belloni aveva opposto sul tema il segreto di Stato, in nome della «sicurezza nazionale». Che i contatti degli 007 con dei cronisti siano considerabili un tema di sicurezza nazionale era una tesi inedita, ma il presidente del Consiglio dell'epoca Mario Draghi, interpellato dalla Procura di Ravenna, aveva confermato: tutto segreto.
Ma Matteo Renzi, che a vedere chiaro in quella storia non ha mai rinunciato, ieri rende noto di avere chiesto a Giorgia Meloni di revocare il segreto. E la premier ha detto di sì: «Finalmente - dice Renzi - capiremo chi dice bugie e chi racconta la verità. Il segreto di Stato e una cosa seria, non si usa per l'autogrill».
Elisabetta Belloni era stata convocata il 2 maggio 2022 dalla Procura di Ravenna nel procedimento scaturito da una denuncia di Mancini. Davanti ai pm e al legale dell'ex 007, la capa del Dis aveva esordito con una «sommessa ma ferma richiesta» di evitare l'interrogatorio. Invece aveva dovuto rispondere. Quando le era stato chiesto se aveva riconosciuto l'agente che, intervistato da Report a volto coperto, identificava in Mancini l'interlocutore di Renzi, aveva detto: «Segreto di Stato». Alla domanda se fosse al corrente di rapporti tra Report e i servizi, stessa risposta: «Segreto di Stato». La risposta alla prima domanda ormai è nota: la «fonte» di Ranucci è Carlo Parolisi, ex agente del Sismi, che prima e dopo la messa in onda contatta ben sedici volte il direttore di Report. La seconda domanda è invece ancora senza risposta: ed è questa ad appassionare in particolare Renzi, convinto che l'operazione «Autogrill» sia stata ordita ai suoi danni da apparati dello Stato. La versione ufficiale è che l'incontro sia stato filmato fortuitamente da una professoressa di passaggio all'area di sosta, che lo avrebbe poi girato a Report. È stato smentito ufficiosamente che la donna, Valentina Cuozzo, sia mai stata una fonte dei «servizi». Ma non risulta che la stessa domanda e analoghi accertamenti siano stati fatti su suo marito, Mariano Vincenzi, che - come dimostrano i tabulati - parla al telefono con lei appena prima che la Cuozzo inizi a filmare l'ex presidente del Consiglio e Mancini.
Sono tutti temi che il segreto di Stato imposto dalla Belloni aveva lasciato inesplorati, e che ora tornano d'attualità. Come anche il percorso del filmato realizzato dalla donna, che - secondo notizie pubblicate l'anno scorso e mai smentite - sarebbe stato mostrato prima di arrivare alla redazione di Report a Gennaro Vecchione, capo del Dis all'epoca della trasmissione, e al presidente del Consiglio Giuseppe Conte. È in questa triangolazione tra politica, «barbe finte» e scoop giornalistici che Renzi ha sempre individuato l'origine di una serie di rivelazioni ai suoi danni.
Ora, la svolta: la Meloni sconfessa la Belloni, e apre la porta alla verità sui contatti sotterranei tra giornalisti e servizi.
Una sconfessione che arriva in un momento in cui il cambiamento di clima nell'intelligence è forte, a conferma di una certa scontentezza del capo del governo: come dimostra anche la cacciata dal Dis di Giuseppe Del Deo, fedelissimo della Belloni.
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