
Nel giorno in cui il vicepremier Matteo Salvini bombarda la presidente della commissione Ue von der Leyen, Giorgia Meloni plana al congresso di Azione e non disdegna le aperture al partito di Carlo Calenda. La premier arriva allo «Spazio Eventi» del Rome Life Hotel, accolta dagli applausi della platea. La saluta subito il capogruppo alla Camera Matteo Richetti, seguito dalla vicepresidente di Azione Elena Bonetti. Che le dice: «Con grande emozione le do il benvenuto». Lei, la presidente del Consiglio, premette: «Ho letto cose bizzarre per la mia presenza qui come la teoria che volevo concedermi una scorribanda tra i moderati ma dopo l'intervento di Calenda porto io la moderazione».
Meloni scherza perché Calenda, poco prima, aveva messo nel mirino il M5s di Giuseppe Conte, «da cancellare». «Io sono qui per una ragione banale ma anche più profonda: io vengo da una storia politica di una comunità che ha fatto il confronto con le idee anche più distanti la cifra della propria dimensione senza che potesse mettere in discussione l'identità. La politica si fonda su questo», insiste la premier. Poi le aperture. In prima battuta sul riarmo. «Voglio ringraziare Ursula von der Leyen, che oggi in una intervista non fa che ribadire questa posizione di difendere l'unità dell'Occidente». E uno. Poi, ancora, sulla scia della posizione espressa da Calenda: «Le spese in difesa e sicurezza sono il prezzo della libertà: se chiedi a qualcuno di garantire la tua difesa devi sapere che quel qualcuno non lo farà gratis». Meloni rilancia sulla necessità di difendere l'Occidente. Quindi smonta gli attacchi, arrivati soprattutto dal Pd, dopo la sua intervista al Financial Times. «Sono rimasta stupita per l'interpretazione data alla mia intervista sul Financial Times. Sto sempre con l'Italia, che sta in Europa e bisogna lavorare per rafforzare e difendere l'unità dell'Occidente. Penso che sia nella responsabilità dell'Italia difendere questa unità», dice, posizionandosi ancora saldamente nel campo dell'euro-atlantismo. Da qui la bordata a chi, a sinistra, predica improbabili rotture con gli Usa di Donald Trump. «Non capisco: la proposta è rompere ogni forma di alleanza con gli Usa ma chiedere loro di difendere e occuparsi della nostra sicurezza lo stesso o la proposta è che l'Europa diventi una grande comunità hippie demilitarizzata che spera nella buona fede delle altre potenze straniere? Delle due, l'una, altrimenti dobbiamo ragionare in maniera seria».
Meloni apre a Calenda anche sul nucleare, «penso si possa lavorare insieme», dice. Sulla politica interna, la premier tocca anche il tema del premierato: «Penso che sia fondamentale dare a questa nazione un sistema politico stabile, rimettere in capo ai cittadini la scelta su chi debba governare».
Calenda vede nei temi della difesa e del sostegno all'Ucraina un modo per spaccare i due poli. «Sono contento di avere oggi qui la presidente del Consiglio, perché difendere l'Ucraina e mandare aiuti a Kiev stando al governo, signori, non è una cosa né popolare né facile e io voglio riconoscerlo», corteggia Meloni il leader di Azione. Tra il centrodestra e i calendiani spiragli anche su partite dirimenti come il premierato e la riforma della giustizia. Insomma, al netto dei retropensieri, è inevitabile registrare le convergenze. Su Ucraina, giustizia, riforme.
Se per Calenda il M5s è «da cancellare», attacca anche Meloni: «Conte firmò il 2% di spese in difesa e oggi va in piazza contro».A spaccare i poli e i progressisti anche la presenza di Pina Picierno, ariete dei riformisti dem. Che, tra gli applausi della platea di Azione, dice: «Grottesco il racconto su noi guerrafondai».
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